martedì 13 novembre 2012

Autismo e MPR

Ultimamente è nuovamente apparsa la notizia di una possibile correlazione tra Autismo e vaccinazione anti-morbillo, rosolia, parotite.Il direttore di "Epicentro", centro nazionale di epidemiologia ha seccamente smentito questa notizia, anche in riferimento ad alcune sentenze in materia di risarcimenti, avvenute in Italia negli ultimi mesi.
Riportiamo la sua opinione in proposito.

"La presenza di una possibile associazione causale tra vaccinazione con il vaccino morbillo-rosolia-parotite (MPR) e autismo è stata estensivamente studiata. Il termine autismo si riferisce a un insieme di patologie caratterizzate da problemi di comunicazione e interazione con gli altri, unite a una tendenza mostrare comportamenti o interessi ripetitivi. I pazienti con disordini di tipo autistico possono presentare un ampio spettro di condizioni cliniche: da una sostanziale assenza di interazione con gli altri a situazioni in cui l’adattamento al contesto sociale è buono nella maggior parte dei casi. Di solito l’autismo viene diagnosticato nel secondo anno di vita o in età prescolare, anche se in alcuni bambini la diagnosi è più tardiva. È stato inoltre riportato che il 20% circa dei bambi con autismo presenta una regressione del comportamento: questi bambini, cioè, hanno uno sviluppo neurocomportamentale apparentemente normale fino a un certo punto della loro vita, quando perdono le capacità di comunicazione acquisite fino a quel momento. L’autismo può aver molte cause e si ritiene che tra i fattori più importanti vi siano quelli geneti e la presenza alla nascita di anomalie cerebrali.
L’ipotesi che la vaccinazione MPR possa essere associata ad autismo è stata sollevata negli anni ’90 da uno studio inglese,in cui si sosteneva che il vaccino trivalente MPR potesse provocare un’infiammazione della parete intestinale, responsabile del passaggio in circolo di peptidi encefalo-tossici. Questa ipotesi ha avuto una vasta risonanza sulla stampa anglosassone ed è stata successivamente valutata da numerosi studi
condotti sia in Europa che negli USA. Nessuno degli oltre 20 studi condotti negli ultimi 13 anni ha confermato che possa esserci una relazione causale tra vaccino MPR e autismo.
Inoltre, gli stessi Autori dello studio inglese hanno successivamente ritirato le loro conclusioni e dichiarato che i dati presentati erano insufficienti per stabilire un’eventuale relazion causale e nel 2010 la nota rivista medica Lancet, che aveva pubblicato lo studio sopra citato nel 1998, ha formalmente ritirato tale articolo. Oltretutto è stato recentemente riportato che, oltre ai difetti epidemiologici di questo studio, numerosi fatti, circa la storia anamnestica dei pazienti, fossero stati alterati dall’Autore per supportare i risultati e che l’intero studio fosse distorto da interessi economici.In particolare:

• tre dei nove casi riportati nello studio come affetti da autismo regressivo non erano mai stati diagnosticati come autistici;
• nonostante lo studio riportasse che prima della vaccinazione,dodici  bambini erano “normali”, cinque avevano una documentazione che attestava precedenti problemi dello sviluppo;
• è stato riportato che alcuni bambini avevano sviluppato de sintomi comportamentali nei giorni successivi alla vaccinazione,ma nella documentazione clinica veniva riportato che l’inizio di tali sintomi era avvenuto alcuni mesi dopo la vaccinazione;
• in nove casi, i risultati istopatologici del colon sono stati alterati da “nessuna o una minima fluttuazione nelle cellule infiammatorie” a “colite non specifica”;
• i soggetti erano stati reclutati attraverso gruppi di persone contrari alla vaccinazione MPR e lo studio era stato commissionato e finanziato con l’obiettivo di avviare una vertenza legale.

L’Autore è stato radiato dall’Ordine dei medici per il suo comportamento. La possibile relazione tra vaccini MPR e autismo è stata ampiamente analizzata da un gruppo indipendente di esperti negli USA (Institute of Medicine, Iom), il quale, sulla base di una approfondita revisione degli studi clinici ed epidemiologici esistenti, ha concluso che le evidenze disponibili respingono l’ipotesi di una relazione causale. I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi e altre organizzazioni inclusa l’American Academy of Pediatrics, un’organizzazione professionale con 60 mila membri, hanno raggiunto le stesse conclusioni.
Una recente review ha, inoltre, riportato e valutato i numerosi studi epidemiologici condotti in diversi Paesi europei e americani per indagare la relazione tra vaccino MPR e autismo concludendo che non esiste un nesso causale. L’ampia dimensione delle popolazioni studiate ha permesso di raggiungere un livello di potere statistico sufficiente a rilevare anche rare associazioni .
Inoltre, i potenziali meccanismi biologici finora ipotizzati, per spiegare come il vaccino MPR possa scatenare l’insorgenza di una sindrome autistica, sono solo teorici e non supportati da evidenze scientifiche. Non è stato dimostrato che il vaccino trivalente sia causa di infiammazione cronica intestinale o perdita della funzione della barriera intestinale, né esiste alcuna evidenza di un possibile ruolo del sistema immunitario nell’autismo. Anche se alcuni dati suggeriscono che l’incidenza di autismo sia in aumento non è chiaro se questo aumento sia reale o dovuto a una migliorata conoscenza della sindrome tra i medici o all’utilizzo di una più ampia definizione di caso per la diagnosi, e comunque non è stata rilevata alcuna correlazione
tra incremento dell’incidenza dell’autismo e incremento dei tassi di copertura vaccinale con il vaccino trivalente.Al contrario, uno studio recente ha messo in evidenza che negli Stati Uniti la vaccinazione contro la rosolia, che nella maggioranza dei casi viene somministrata come vaccino MPR, ha evitato, dal 2001 al 2010, centinaia e forse migliaia di casi di disturbi dello spettro autistico.
L’insieme degli studi pubblicati indica, quindi, che non ci sono elementi che sostengano un nesso causale tra la somministrazione dei vaccini MPR e il disturbo autistico.
Risulta opportuno, invece, considerare la rilevanza della promozione della vaccinazione MPR con due dosi al fine dell’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita anche nel nostro Paese.

Stefania Salmaso, direttore Cnesps e reparto di Epidemiologia
delle malattie infettive, Cnesps e Istituto Superiore di Sanità

Tratto da EPICENTRO,Il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica
a cura del Centro Nazionale di Epidemiologia,
Sorveglianza e Promozione della Salute, ISS (http://www.epicentro.iss.it/)

domenica 4 novembre 2012

Convulsioni febbrili


La preoccupazione maggiore dei genitori è la febbre elevata e conseguentemente la possibilità di convulsioni.
Pertanto è necessario fare chiarezza sul significato di convulsione, descrivendo brevemente i tipi di tipi e le cause più frequenti delle  convulsioni.

Le convulsioni sono contrazioni violente e non volontarie che interessano alcuni muscoli scheletrici volontari.
Una pratica distinzione delle convulsioni è quella che le suddivide in:
  • convulsioni toniche
  • convulsioni cloniche
  • convulsioni tonico-cloniche.
Si parla di convulsioni toniche nel caso che la contrazione muscolare sia prolungata; le convulsioni sono dette invece cloniche quando sono di breve durata e sono seguite da una fase di rilassamento; si parla di convulsioni tonico-cloniche quando c'è un susseguirsi di convulsioni toniche e di convulsioni cloniche.
Le convulsioni sono un sintomo tipico, ma non esclusivo, dell'epilessia, possono infatti essere provocate da altri tipi di patologie o da altre condizioni:

La tipologia di convulsione dipende dai cosiddetti foci epilettogeni, ovvero dalle fonti da cui derivano le convulsioni; in base a tali criteri si parla di convulsioni parziali (il focus epilettogeno è situato in una determinata area cerebrale) e di convulsioni generalizzate e continue (il focus epilettogeno è distribuito in diverse zone); il focus non è definito nelle convulsioni epilettiche (convulsioni continue).

Le convulsioni febbrili sono crisi convulsive che insorgono in corso di febbre (generalmente superiore a 38°C, ma possono comparire anche a temperature inferiori ), in un bambino di età compresa tra i 6 mesi (eccezionalmente prima) e i 5 anni (eccezionalmente dopo), con un picco tra i 15 e i 18 mesi, che non presenta alcun segno di affezione cerebrale acuta concomitante e che in precedenza non ha mai manifestato episodi critici in apiressia.
Solitamente si manifestano con perdita di coscienza e scosse degli arti, talvolta con uno stato di
irrigidimento o di rilasciamento muscolare. In genere durano alcuni minuti; dopo il bambino può
manifestare una profonda sonnolenza che rappresenta il periodo di ritorno alla normalità.
È eccezionale che si manifesti più di una crisi di convulsioni nel corso di una febbre.
Nella maggior parte dei casi non si verificano nuovi episodi (recidiva) dopo la prima crisi
convulsiva; talvolta invece è possibile assistere alla comparsa di una recidiva o, molto raramente, a
più di una, anche a distanza di mesi, ma sempre in presenza di febbre.
L’elevazione della temperatura accentua l’attività neuronale e abbassa la soglia di eccitabilità. E’ accertata una predisposizione genetica.
Nel 30% dei casi   recidivano in occasione di successivi episodi febbrili; il rischio di recidiva è maggiore (50%) nei primi 18 mesi di vita.
Si distinguono :
- convulsioni semplici, sempre generalizzate, di durata inferiore a 15 minuti, non associate a deficit post-critici, non presentano alcun esito a distanza. L’ EEG è privo di anomalie.
-convulsioni complesse, spesso focali o lateralizzate, di durata superiore a 15 minuti, con EEG caratterizzato da anomalie di tipo comiziale e con familiarità per epilessia.
Il rischio di evoluzione epilettica è modesto per le convulsioni semplici (2-4%), più elevato per le convulsioni complesse (7-21%).
La terapia della crisi convulsiva in atto consiste nella somministrazione di anticonvulsivanti benzodiazepinici .

In un  bambino che ha convulsioni febbrili, che rispondono alla descrizione fatta in precedenza, ci sono: 


Cose da non fare:
- non perdere la calma: è meglio che siano i genitori ad aiutare il bambino perché fanno prima di
chiunque altro; portare subito il bambino in ospedale o chiamare il pediatra fa perdere del tempo
e ritarda le cure
- non scuotere il bambino;
- non schiaffeggiarlo o chiamarlo per nome
- non cercare di bloccarlo perché sono manovre assolutamente inutili che ritardano le cure
efficaci.

Cose da fare:
- distendere il bambino in un luogo dove non possa cadere o farsi male
- metterlo delicatamente su un fianco, per evitare che aspiri muco o materiale vomitato e per
impedire alla lingua di ostruire le vie aeree
- liberarlo dai vestiti stretti
- eliminare velocemente dalla bocca la saliva e gli eventuali residui alimentari
- somministrare al più presto il clisterino di benzodiazepina, già pronto (Micronoan 5 mg se il bambino è al di
sotto dei tre anni di età, 10 mg se il bambino è al di sopra dei tre anni di età)
- ripetere il clistere se la prima dose viene espulsa, o se la crisi non finisce in 2-3 minuti.

Quando la crisi finisce, contattare il pediatra curante.

Quando portare il bambino in ospedale:
- se il bambino ha meno di un anno di età
- se la crisi non regredisce alla seconda somministrazione di Micronoan
- se le crisi si susseguono una dopo l’altra
Per potere accudire il bambino è opportuno farsi accompagnare e non essere impegnati nella guida.


La prevenzione è la prima cosa da attuare in un bambino che ha già avuto una convulsione febbrile.
Per ridurre il rischio di recidive, quando viene la febbre e la temperatura ascellare supera i 37,5°C e
quella rettale i 38°C, è necessario:
- verificare che il bambino non sia coperto da troppi vestiti
- applicare spugnature di acqua tiepida su tutto il corpo
- somministrare il farmaco antifebbrile.


In conclusione:
La prima cosa è controllare la febbre, valutare la natura della febbre e porre la diagnosi, consultando il pediatra.Non sempre i tremori con la febbre alta sono convulsioni.
Dunque , tranquillità....e non pensare subito alle convulsioni!!!