martedì 25 novembre 2014

Aumento del Diabete Tipo I nei bambini

Un italiano su dodici. Cinque milioni di cittadini, di cui circa un milione non sa di averlo. È questa la stima dei malati di diabete nel nostro paese. La giornata mondiale, istituita dalla Federazione Internazionale Diabete e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, prevede numerose iniziative informative nei prossimi tempi.Perché combattere la disinformazione che persiste su questa patologia cronica aiuta la vita dei malati, in particolare dei bambini. La forma più grave e meno diffusa, il 5% di tutti i casi, è il diabete di tipo 1, patologia autoimmune che distrugge progressivamente le cellule del pancreas che producono l’insulina, condizione che si traduce in uno stato di iperglicemia e nell’impossibilità di utilizzare gli zuccheri come fonte di energia. I bambini. Il diabete di tipo 1 colpisce soprattutto i giovani e non è prevenibile con l’adozione di uno stile di vita sano. Oggi in Italia i malati sono 150mila, di cui 20-25mila hanno meno di 18 anni. L’incidenza è andata aumentando soprattutto in quelle aree e fasce di età dove prima il diabete era meno diffuso. Nei bambini fino a sei anni, l’aumento è stato del 20% negli ultimi dieci anni. «Non conosciamo le ragioni del fenomeno, ma i dati sono chiari» spiega Andrea Scaramuzza, responsabile del servizio di diabetologia della Clinica Pediatrica dell’Università di Milano presso l’Ospedale Luigi Sacco di Milano. «Guardando ai bambini con meno di 14 anni, i paesi scandinavi e la Sardegna – da sempre ad alta incidenza di diabete - si mantengono stabili con 40-50 nuovi casi all’anno ogni 100mila bambini, mentre l’Italia peninsulare è passata da 6-10 a 15-20 nuovi casi». Convivere con questa malattia cronica è possibile. Il bambino deve essere seguito da un’equipe composta da diabetologo, dietologo e psicologo, figura questa importantissima per sostenere sia i genitori che i bambini, ma spesso non ancora presente in tutti i centri. Da uno studio per la rilevazione del disagio che il piccolo e la famiglia si trovano a vivere dopo la diagnosi, cui anche il Servizio di Diabetologia dell’ospedale Sacco ha contribuito, è emerso che i più allarmati sono i genitori, preoccupati sia per la gestione della malattia, che richiede monitoraggio del glucosio ematico e iniezioni di insulina più volte al giorno, sia per le eventuali complicanze future che i figli potrebbero affrontare. I bambini, dal canto loro, sembrano soffrire di più per aspetti relazionali, come l’esclusione dal gruppo dei pari. «L’emarginazione e la discriminazione cui possono andare incontro i piccoli diabetici è frutto di ignoranza sulla patologia. Rivolta non solo ai cittadini ma anche ai medici di base.Oggi il 30% di nuovi esordi è di chetoacidosi, una condizione molto grave dovuta ad uno squilibrio insulinico elevato; sono 7 su 10 i bambini con meno di 6 anni che scoprono così di avere il diabete. Spesso tuttavia vi sono dei sintomi premonitori della malattia, come bere e urinare molto e perdere peso o avere difficoltà a crescere, ed è auspicabile una maggior allerta e prontezza nel riconoscerli immediatamente per evitare di arrivare a degli stadi così avanzati.Perché «i mezzi per compensare il disturbo dell’insulina esistono. I bambini possono condurre una vita normale e vivere i momenti importanti con i loro amici. Ma per combatterlo , bisogna conoscerlo. Fonte : La stampa

domenica 9 novembre 2014

Uovo: primato nella classifica delle allergie dei lattanti

L’uovo è in cima alla lista degli alimenti statisticamente più allergizzanti in età pediatrica, seguito da latte vaccino, pesce, frutta secca e grano. Ad affermarlo è la Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica (SIAIP), che sottolinea come l’uovo sia un ottimo alimento dai 5 mesi ai 15 anni, ma anche una della principali cause di allergia in questa fascia d’età. L’uovo viene solitamente introdotto durante lo svezzamento, ma in caso di allergia essa si può manifestare nella seconda metà del primo anno di vita, con un’età media di presentazione di 10 mesi e in particolare nei bambini sensibilizzati con dermatite atopica. “L’allergia all’uovo viene generalmente diagnosticata nel corso dell’infanzia e le manifestazioni cliniche, principalmente collegate a meccanismi di ipersensibilità allergica di tipo IgE mediata, possono essere anche gravi, fino allo shock anafilattico”, dichiara Roberto Bernardini, Presidente SIAIP e Direttore della UOC di Pediatria dell’Ospedale S. Giuseppe di Empoli. “In generale le prime manifestazioni compaiono entro 2 ore, solitamente entro 20-30 minuti dopo l’ingestione di uovo o di alimenti che lo contengono e si manifestano principalmente con reazioni cutanee caratterizzate da orticaria. Frequenti nel caso di allergie e da non sottovalutare - prosegue il Presidente SIAIP - sono anche le reazioni gastrointestinali con vomito e diarrea, nonché i sintomi respiratori con starnuti e respiro sibilante”. Inoltre, la SIAIP sottolinea che possono avere luogo anche reazioni da semplice contatto dell’uovo con la cute, che si manifestano con l’orticaria. Tuttavia alcuni bambini che presentano un’orticaria da contatto con l’uovo possono tranquillamente assumere cibi a base di uova senza manifestare alcuna reazione allergica. “Proprio per questo - conclude l’esperto - è importante rivolgersi fin da subito ad un pediatra allergologo per una diagnosi certa capace di evitare rischi per il piccolo e al tempo stesso diete di esclusione inutili e dannose”. Fonte: Quotidianosanità

mercoledì 5 novembre 2014

Cancro e Gravidanza

Nonostante il meccanismo non sia del tutto chiaro, i tassi d’incidenza del cancro associato alla gravidanza hanno subìto un vertiginoso aumento nell’ultimo decennio. Tra i vari fattori emersi, e che potrebbero avere un collegamento, vi è l’aumento dell’età delle madri. I numeri sono stati pubblicati sull’ultimo numero di BJOG, An International Journal of Obstetrics and Gynaecology, e si riferiscono a un largo studio australiano che ha visto il coinvolgimento di ben 781.907 donne in gravidanza, che hanno partorito tra il 1994 e il 2008 mettendo alla luce 1.309.501 bambini. Delle partecipanti sono stati analizzati i dati relativi alla diagnosi di cancro avvenuta durante il periodo di gravidanza o entro 12 mesi dal parto, per poi confrontarli con quelli relativi alle donne che non hanno avuto una diagnosi di questo genere. Le informazioni raccolte dai ricercatori hanno permesso d’individuare quasi 1.800 casi di tumore in gravidanza. Le statistiche hanno mostrato che nel periodo preso in considerazione il tasso d’incidenza cancro/gravidanza era aumentato in modo significativo. Allo stesso modo si è scoperto che l’età delle madri era aumentata nel tempo: le percentuale di mamme compresa tra i 35 anni e oltre era aumentata dal 13,2% al 23,6%. Queste percentuali, tuttavia, hanno indicato un’incidenza dell’età sul rapporto cancro/gravidanza del 14%. La considerazione di altri fattori di rischio, oltre all’età avanzata, come la storia familiare, il livello socio-economico, gravidanze multiple e altri non hanno permesso di trovare una spiegazione convincente a questa associazione. I ricercatori auspicano che, vista l’incidenza sempre maggiore del cancro in gravidanza, si possa informare sia il personale sanitario che le pazienti affinché si mettano in opera azioni preventive atte a diagnosticare per tempo i tumori. I più comuni di questi che colpiscono durante la gravidanza, o nei primi 12 mesi dal parto, sono il tumore della pelle (compreso il melanoma), il cancro al seno, i tumori della tiroide e altri tumori endocrini, i tumori ginecologici e linfatici. «Questo è un ampio studio e osserva dati contemporanei – ha spiegato la professoressa Christine Roberts, del Kolling Institute of Medical Research, University of Sydney, Nuovo Galles del Sud e co-autore dello studio – La tendenza delle donne a posticipare l’età della gravidanza ha sollevato preoccupazioni circa l’aumento dell’incidenza del cancro in gravidanza. Anche se l’età materna è stato un forte fattore di rischio per il cancro, questo aumento dell’età materna spiegato solo in parte l’aumento di incidenza del cancro». Quello che dunque resta chiaro in ogni caso è che vi è un costante e preoccupante aumento dei casi di cancro durante la gravidanza. A motivo di ciò è bene che le future mamme si tengano sotto controllo durante i nove mesi e anche nel primo anno di vita del bambino. Fonte :La stampa