sabato 31 gennaio 2015

Probiotici per la prevenzione delle allergie

Bloccare l'insorgenza delle allergie nei bambini: la nuova frontiera nella lotta a una delle malattie croniche più diffuse al mondo si apre ufficialmente con l'Organizzazione Mondiale per le Allergie (WAO) che raccomanda, per la prima volta, l'uso dei probiotici come strumento di prevenzione. La validazione scientifica dei benefici per la salute di questi particolari microrganismi alimentari è contenuta nelle nuove linee guida internazionali per la prevenzione delle allergie, elaborate da un gruppo di lavoro coordinato dall'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Il documento, appena pubblicato sul WAO Journal, è stato presentato alla vigilia del Congresso internazionale "Allergie in età pediatrica: dal mito alla realtà - EBM prevention of pediatric allergy" promosso da WAO e Bambino Gesù, presenti i maggiori esperti mondiali del settore. Considerata la dimensione del fenomeno, l'Organizzazione Mondiale per le Allergie ha puntato l'attenzione sulle strategie per la prevenzione con un lavoro scientifico in tre fasi. Il primo passaggio è la pubblicazione delle linee guida sull'uso dei probiotici nella prevenzione dell'allergia, presentate in occasione del Congresso internazionale "Allergie in età pediatrica: dal mito alla realtà - EBM prevention of pediatric allergy" promosso a Roma il 29 e 30 gennaio. Le altre due tappe riguardano l'elaborazione delle raccomandazioni sull'uso dei prebiotici e della vitamina D nella prevenzione delle malattie allergiche. I lavori sono coordinati da Alessandro Fiocchi, responsabile di Allergologia dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e da Ruby Pawankar, past-president WAO e professoressa di Allergologia al Dipartimento di Pediatria della Nippon Medical School a Tokyo. I probiotici sono microrganismi vivi (presenti in molti alimenti comuni, come yogurt o latte fermentato) che possono apportare benefici alla salute quando somministrati in quantità adeguate. In qualità di immuno-modulatori della risposta allergica, nelle nuove linee guida vengono raccomandati - in determinate situazioni - come terapia preventiva delle allergie, soprattutto l'eczema. Le raccomandazioni suggeriscono di considerare l'uso di probiotici in tre categorie di persone: donne in gravidanza ad alto rischio di allergie nei loro figli (- 9% di eczema), donne che allattano bambini ad alto rischio di sviluppare allergie (- 15% di eczema) e bambini ad alto rischio di sviluppare allergie (- 5% di eczema). Queste raccomandazioni che valgono per la malattia allergica nel suo complesso (anche se formulate soprattutto sulla efficacia dei probiotici nella prevenzione dell'eczema), contengono anche una precisa valutazione dei risparmi ottenibili ricorrendo a questa strategia preventiva: riducendo mediamente del 9% il numero di eczemi, verrebbero risparmiati tra 150 e 300 euro l'anno ogni 100 candidati alla dermatite atopica. La stima è volutamente molto conservativa, perché contiene il costo delle visite ambulatoriali, ma non quello delle terapie né quello della perdita di giornate di scuola dei bimbi e di lavoro dei genitori. E' quindi concepita per essere usata in sistemi sanitari che erogano il costo della assistenza medica.

venerdì 30 gennaio 2015

Arrivata l'influenza!!

L'influenza 2014/2015 A-H1N1 si sta rivelando molto più complessa da gestire rispetto a quanto si era potuto credere in un primo momento. Si tratta di un virus molto aggressivo con una febbre altissima (al di sopra dei 39 gradi), che può durare anche cinque giorni. Insomma, un'ondata particolarmente violenta, favorita, secondo gli esperti, anche dal caos creato sui vaccini. Da questo punto di vista, come sottolinea il dott. Luigi Galvano, segretario regionale della federazione italiana Medici di famiglia, ci sarà da attendersi un numero di decessi connessi all'influenza 2014/2015 molto più alto rispetto agli anni scorsi. I sintomi dell'influenza 2014/2015 di tipo A-H1N1 sono del tutto simili a quelli di ogni infreddatura parainfluenzale. L'unico elemento che la differenzia è il deciso rialzo termico, che, per questo tipo particolare di ceppo virale, si attesterà intorno ai 39 gradi. Per il resto, si soffrirà di forti mal di testa e di tosse insistente, caratteristica peculiare saranno i dolori muscolari e ossei e ovviamente la rinorrea (comunemente: il naso che cola). I bambini invece potranno presentare sintomi a carico dell'apparato digerente con possibilità di vomito e diarrea. I medici non consigliano altro, per combattere i sintomi dell'influenza 2014/2015, che stare a letto ed a riposo. Un soggetto perfettamente sano, infatti, non ha nulla da preoccuparsi e può tranquillamente curarsi a casa. Il sintomo fondamentale dell'influenza stagionale 2014/2015 del ceppo A-H1N1 è la febbre alta. I medici insistono sul fatto che sia necessario controllare costantemente la temperatura, senza però abbatterla di colpo. La febbre non è altro che lo strumento che il nostro organismo utilizza per combattere il virus, dunque è assolutamente necessario che faccia il suo corso. Certo, non è consigliabile restare per molte ore con una febbre che eccede i 39 gradi, ma i medici sottolineano come non bisogni abusare del paracetamolo e che non occorrono assolutamente dosaggi alti. Per quanto riguarda gli antibiotici, bisogna sottolineare come, in un primo momento, non servano : l'influenza è un virus e non un batterio, dunque l'antibiotico non agisce. Si tratta soltanto di una copertura o di una cura per eventuali complicanze batteriche, ma è necessario chiamare il medico. Senza eccessivi allarmismi, l'influenza per l'inverno 2014/2015, come abbiamo già sottolineato, si cura tranquillamente a casa. Ci sono però categorie che potrebbero essere a rischio e, in quel caso, dopo un consulto con il proprio medico di famiglia, si può optare per un ricovero. I soggetti cosiddetti a rischio sono soprattutto coloro che hanno problemi respiratori, problemi cardio-vascolari e soprattutto diabete. La febbre può indebolire l'organismo e quindi, in questi soggetti, se non dovesse scendere dopo 4/5 giorni, il ricovero può essere consigliato.

domenica 25 gennaio 2015

Genitori ansiosi e sindrome di Munchausen

Spesso succede che quando portano i loro bimbi ammalati dal medico, lo specialista scopre che sono sani e che i disturbi sono inventati dalla mamma apprensiva. Lo studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore- Policlinico universitario Gemelli di Roma rivela che spesso quando le madri portano i figli dal medico la patologia non viene diagnosticata e che talvolta i disturbi sono creati dalla mamma per troppa apprensione, secondo un fenomeno che i medici chiamano sindrome di Munchausen per procura. La ricerca pubblicata sul Journal of Child Health Care è giunta a queste conclusioni dopo aver preso in esame 751 bambini ricoverati nel Reparto di Pediatria del Gemelli tra fine 2007 e inizio 2010, e quasi nel 2% dei casi è stato individuato un cosiddetto disturbo fittizio. “Quasi sempre si trattava di disturbi inventati dal bambino stesso – spiegano gli esperti – Ed è chiaro che, quando una simile situazione conduce il piccolo fino a un ricovero, vuol dire che è necessario intervenire per dare una mano concreta al bambino e alla sua famiglia, considerando l’evento come chiara espressione di un disagio che trova nella sindrome la possibilità di esternarsi. Ma non è tutto: in 4 casi sono stati riscontrati i criteri per effettuare la diagnosi di sindrome di Munchausen per procura, cioè è stato un genitore, o entrambi, ad arrecare un danno fisico o psichico al bambino e indurlo a pensare di essere malato. In 3 casi su 4 si è trattato della madre”. “La sindrome di Munchausen – spiega Pietro Ferrara, coordinatore della ricerca dell’Istituto di Clinica pediatrica dell’Università Cattolica di Roma – è sempre più considerata nella letteratura scientifica come `malattia fabbricata da chi si occupa del bambino´, ma è una vera e propria forma di abuso nei confronti dei minori che può portare anche a esiti estremi quali la morte del piccolo. A livello scientifico internazionale la sindrome è ben riconosciuta. Ma in Italia, come d’altra parte in molti Paesi del mondo, si tratta ancora oggi di un fenomeno sottostimato e riconosciuto con difficoltà – avverte l’esperto – tanto che possono passare anche anni prima di giungere alla diagnosi corretta, cioè può trascorrere molto tempo tra la comparsa dei primi sintomi e l’identificazione della malattia, con il rischio evidente di sottoporre il bambino a esami e terapie inutili o addirittura dannosi”. “È importante che – sottolinea Ferrara – quando il pediatra si trova di fronte a sintomi importanti e che durano da molto tempo senza una conferma laboratoristica e strumentale, pensi alla possibilità di questa patologia. Per accorciare i tempi della diagnosi – conclude il pediatra – sarebbe utile avere accesso in rete a informazioni sulla storia clinica del bambino, per esempio quante volte è stato ricoverato in altri ospedali, perché spesso le madri o chi inventa la malattia peregrinano da una struttura all’altra. È importante ovviamente, una volta riconosciuta la sindrome – conclude lo specialista - prestare aiuto oltre che al bambino anche alla madre stessa, garantendo un’assistenza psicologica adeguata”.

mercoledì 21 gennaio 2015

Esposizione dei bambini ai WiFi

Uno studio piuttosto controverso, ma che sta facendo il giro del mondo, suggerisce a mamme e papà di cercare di limitare l'esposizione della prole al Wi-Fi, per il timore che le radiazioni possano danneggiare la loro salute. Il rapporto, pubblicato sul 'Journal of Microscopy e Ultrastructure', sostiene che i bambini assorbono più radiazioni degli adulti. Per questo le insidie, per loro, sarebbero maggiori. I feti poi, stando al lavoro, sarebbero i più vulnerabili di tutti, tanto i ricercatori consigliano alle donne in attesa di non portare addosso, nei vestiti o in tasca, i telefoni cellulari. "I bambini assorbono più MWR rispetto agli adulti perché i loro tessuti cerebrali sono più 'assorbenti', i loro crani sono più sottili e la loro dimensione relativa è più piccola", si legge nel lavoro. Ma l'allarme non vede tutti d'accordo. La britannica Health Protection Agency sta monitorando da tempo la sicurezza la sicurezza del Wi-Fi. Secondo i dati i segnali radio emessi dai dispositivi hanno una potenza molto bassa. Dunque, riferisce il 'Daily Mail', sedere vicino a un dispositivo Wi-Fi per un anno equivale a ricevere la stessa dose di onde radio di una chiamata di 20 minuti al telefonino. Il neurologo pediatrico Maya Shetreat-Klein sottolinea comunque che "le donne incinte devono sapere che le radiazioni wireless possono avere un impatto sullo sviluppo del cervello" dei piccoli. I ricercatori hanno esaminato studi sull'esposizione ai telefonini dal 2009 al 2014, insieme ai dati sulle radiazioni da cellulari. I limiti di esposizione sono rimasti uguali per 19 anni, ma i produttori degli smartphone specificano la minima distanza dal corpo dei prodotti per non superare questi valori. Per laptop e tablet la distanza minima dal corpo è di 20 cm.