domenica 21 febbraio 2010

L’ Importanza del Gioco

Nel linguaggio corrente la parola "gioco" indica un'attività gratuita che procura un piacere di tipo particolare. Questa attività è anche chiamata ludica, termine che deriva dal latino ludus, gioco.
Fu Platone a sostenere per primo che il gioco non doveva essere estraneo allo
studio ma che i maestri avrebbero dovuto insegnare giocando.
Solo in età moderna il problema del gioco è stato affrontato scientificamente.
Lo psicologo svizzero Piaget, http://it.wikipedia.org/wiki/Jean_Piaget
sosteneva che il gioco è la trasposizione simbolica della realtà conosciuta.
Il gioco svolge funzioni mentali importantissime: rappresenta la realtà imitandola e scaricando emozioni. Per usare una sua felice definizione esso è “il lavoro del bambino”. Mentre nella vita ordinaria, i nostri figli devono continuamente adattarsi al mondo esterno, modificando gli schemi in base alle richieste degli adulti, invece, nel gioco, è il mondo che si adatta a loro, secondo le loro esigenze creative.
Le attività ludiche a cui i bambini si dedicano si modificano via via, di pari passo con il loro sviluppo intellettivo e psicologico, ma rimangono un aspetto fondamentale della vita di ogni individuo, in tutte le fasce d'età. Il gioco, infatti, favorisce lo sviluppo affettivo, lo sviluppo cognitivo e quello sociale
Sempre Piaget, gli stadi del gioco seguono integralmente quelli dello sviluppo individuale:

° dalla nascita al secondo anno di vita il bambino attraversa il cosiddetto periodo senso-motorio, caratterizzato da giochi d’esercizio che gli consentono di muoversi, saltare, correre, gettare, cercare, nascondersi;

° dai 2 anni ai 7-8 anni il bambino è nel periodo dei giochi simbolici: egli riproduce e immagina persone e avvenimenti, quindi assimila e ripropone la realtà in forma simbolica adattandola alle proprie esigenze emotive; in questo periodo dello sviluppo mentale rientrano pure i giochi di costruzione: smontare un meccanismo, rimontarlo, ricostruire, sostituire i pezzi sono tutte operazioni che fanno conoscere, confrontare, risolvere problemi;

° dagli 8 ai 12 anni circa sono caratteristici i giochi di gruppo e di regole che promuovono lo sviluppo sociale;

° dai 10 ai 14-15 anni i bambini realizzano giochi di linguaggio e giochi sociali attraverso i quali si attua il passaggio dal pensiero concreto a quello formale.

Anche Freud ritiene che il gioco assicuri l’equilibrio emotivo della persona, consentendole di liberare le tensioni e di dominare mentalmente le cose attraverso un’attività simbolica, molto simile a quella del sogno. Si pensi alla bambina che indossando le scarpe della madre si prepara ad assumere l’identità femminile (funzione identificatoria). Il bambino che gioca al dentista per attenuare l’ansia che tale personaggio gl’incute, sia prima di andarci (funzione anticipatoria), sia dopo esserci stato (funzione riparatoria). Al bambino che gioca con i fili di lana per simulare il calore del corpo materno (funzione compensatoria).Facile è traslare questo concetto freudiano al bambino che ripete le scene violente appena viste in tv (funzione espressiva) o che si diverte a costruire e a distruggere, a suo piacere, castelli di sabbia, realizzando così un mondo tutto suo (funzione di dominio e controllo). Oppure, si pensi al bisogno di pasticciare e di sporcarsi che hanno tutti i bambini. Alla loro attrazione per le materie primarie e plastiche, ricche di significati simbolici (acqua, farina, sabbia…). La manipolazione di tali elementi scarica le tensioni e difende dal mondo delle regole e dei divieti.
Oltre all’uomo soltanto gli animali superiori giocano nella prima fase della loro vita, cosa che ci induce a pensare che il gioco sia in stretta relazione con la capacità di apprendere. Attraverso il gioco il bambino sviluppa non soltanto le sue capacità fisiche, ma anche l’immaginazione, l’intelligenza, l’affettività, la socialità. L’attività ludica è l’esperienza fondamentale oltre che il modo di esprimersi dell’infanzia: durante il gioco vengono apprese infinite nozioni e sperimentati atteggiamenti utili come tirocinio alla vita del futuro adulto. Tuttavia, benché il gioco realizzi importanti finalità, non è un’attività rivolta a un fine: è l’espressione libera, piacevole e spontanea della vita del bambino.

Al di là delle diverse correnti di pensiero, risulta evidente come il gioco è altamente significativo per la crescita del bambino, perché svolge una funzione strutturante dell'intera personalità.
Il gioco ha un alto valore evolutivo, perché stimola cognitivamente il bambino e permette l'accesso al suo mondo interiore. Dunque il compito di analizzare, o quanto meno di cercare di valutare il comportamento dei bambini, attraverso il gioco, deve coinvolgere in prima persona sia i genitori che gli educatori. I genitori devono trovare il tempo da dedicare al gioco dei loro figli, per dare loro l'opportunità di misurare e sviluppare le proprie risorse e le proprie potenzialità. Del resto i bambini reagiscono con entusiasmo alla disponibilità dei genitori a giocare con loro: lo scoprire che possano mostrare interesse e che possano coinvolgersi in un'attività da loro considerata seria, è motivo di grande felicità ed è un modo che consente loro di rafforzare il senso di sicurezza e protezione. La capacità dei genitori di giocare con i propri figli è sicuramente un buon indice di armonia familiare, così come la capacità di giocare da parte degli educatori con i bambini, garantisce a questi ultimi una sensazione di benessere psichico oltre a costituire la condizione di base per consentire loro di sviluppare una buona capacità ludica.
In ogni caso è necessario garantire e restituire ai bambini il tempo e lo spazio per dare libero sfogo a tutte le loro pulsioni interne e assicurare loro una certa complicità senza svestirsi del ruolo di guide.

1 commento:

emiliana ha detto...

L'apprendimento attraverso il gioco è strumento utilizzato anche nella formazione dell'adulto: la ludopedcagogia.
La Ludopedagogia™ è un metodo che vuole riscattare la dimensione socio-affettiva, l’importanza della relazione, della soggettività, della corporeità, dell’allegria e del piacere come fonti e riserve inesauribili ed ancora vergini di conoscenza e potere reale, come importanti possibilità di applicazione didattica e metodologica per creare e rafforzare tanto la consapevolezza e la professionalità del lavoro sociale quanto i processi di organizzazione popolare e comunitaria.

Non è una terapia e non dà risposte: apre alla possibilità ed alle potenzialità del dubbio e del desiderio di sperimentare diverse prospettive.

E' una proposta politica in quanto, soprattutto nel lavoro sociale, si propone di provocare continuamente possibilità di cambiamento a livello personale, professionale, istituzionale.

Giocare è una scelta umana, non è solo un'attività infantile. Il giocare infatti permette di conoscere e di conoscersi in modo diverso, di sperimentare nuove o nascoste modalità di essere e di relazionarsi, potendo provare e riprovare, in un contesto in cui le conseguenze sono ridimensionate ad episodi significativi ma non marcanti. Si può sbagliare e si può riprovare, si può sbagliare e dallo sbaglio possono nascere riflessioni ed azioni importanti per tutti, o può nascere una nuova regola, o una nuova modalità di agire ed intessere relazioni, che arricchisce tutti.

Giocare però non è neutrale: dipende da chi gioca, chi propone il gioco, come lo propone, per cosa lo propone. Il gioco che fonda la Ludopedagogia™ è un gioco liberatore: a differenza dal gioco dominante, che distrae e non dà fastidio a nessuno, ed a differenza del gioco resistente, che aiuta a stare bene ed a sopravvivere come individui, il gioco liberatore genera incidenza sociale, culturale e politica. Non solo perchè contribuisce all'organizzazione di gruppo e comunità, ma anche e soprattutto perchè trasforma le relazioni di potere.

La Ludopedagogia™ e Lud-est-etica sono termini creati dal Professor Ariel Castelo dell'Uruguay....