sabato 28 giugno 2014

Cefalee nei bambini: Studio multicentrico della SIP

“Ha un profondo impatto sui risultati scolastici, secondo alcune ricerche è la prima causa di assenza da scuola, con circa 7-8 giorni persi all’anno e interferisce anche con le attività quotidiane, eppure la cefalea nei bambini è poco considerata, anche dai genitori: il 36% di essi infatti non sa che il figlio ne soffre”, afferma Pasquale Parisi, Responsabile del Centro Cefalee Pediatriche della Cattedra di Pediatria di “Sapienza” – Università di Roma, presso l’Ospedale Sant’Andrea di Roma. La cefalea è un disturbo comune in età pediatrica ed è causa anche di frequenti accessi al Pronto Soccorso. Circa il 49% della popolazione pediatrica manifesta almeno un episodio di cefalea, il 4,2% ne soffre per più di 10 giorni al mese. La fascia più colpita è quella dai 12 anni in su. “Il disturbo è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi 30 anni anche a causa del netto cambiamento nello stile di vita dei nostri ragazzi”, aggiunge il professor Parisi. “Oltre alla predisposizione genetica disturbi del sonno, scarsità di ore destinate al riposo, ma anche l’uso eccessivo di videogiochi, tv, tablet e smartphone possono essere in parte responsabili dell’aumento dei casi. A questi si aggiungono fattori emotivi, ansia e stress. L’emicrania vede una netta prevalenza genetica, mentre nella cefalea ‘tensiva’ l’aspetto psico-emotivo è dominante”. “Tutto ciò rende urgente implementare la ricerca di settore e di conseguenza rivedere le Linee guida per la diagnosi e la terapia della cefalea in età pediatrica, secondo criteri di Evidence Based Medicine”, prosegue ancora Parisi. A confermare questa necessità è uno studio di prossima pubblicazione presentato per la prima volta al Congresso Italiano di Pediatria che ha coinvolto 11 centri italiani afferenti alla Società Italiana di Neurologia Pediatrica. Nello studio è stato utilizzato AGREE II, uno strumento epidemiologico standardizzato che valuta l’adeguatezza delle Linee guida, pertanto “per la prima volta possiamo sostenere su base scientifica la necessità di questa revisione. Occorre inoltre rafforzare la ricerca pubblica e indipendente pervalutare l’efficacia dei farmaci nella popolazione pediatrica, ancora poco studiata”. “Prima di fare una diagnosi chiediamo al bambino o ai genitori di compilare un ‘diario del mal di testa’ per circa 3 mesi. Spesso infatti la cefalea si manifesta in maniera occasionale, in corrispondenza di una infezione delle vie aeree superiori o di un episodio banale febbrile. Se si tratta di eventi episodici utilizziamo una terapia di ‘attacco’, ma se la cefalea si presenta per almeno 4-5 giorni al mese con compromissione della vita quotidiana usiamo un approccio preventivo, una profilassi, per evitare che il disturbo “cronicizzi” prosegue Parisi. È opportuno rivolgersi a un centro specialistico quando c’è familiarità, specialmente di forme aggressive e cronicizzate nei genitori, quando il disturbo è frequente ed impatta negativamente sugli aspetti scolastici e “ludici” del bambino-adolescente”. La cefalea può essere ‘primaria’ se dalle indagini strumentali ad hoc non si sia individuata una causa organica del dolore, o secondaria se conseguente a cause come malattie, infezioni, traumi. Queste ultime ammontano a circa il 40-50% dei casi, ma quelle veramente pericolose sono intorno all’1-3% e vanno sottoposte al vaglio del centri specialistici. Esiste infine, anche se molto rara, la cefalea “insidiosa”, apparentemente benigna ma che nasconde patologie che possono minacciare la vita del piccolo paziente. “È molto difficile riconoscerla”, spiega Raffaele Falsaperla, Direttore UOC di Pediatria e PS Pediatrico Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Vittorio Emanuele Catania, “perché è apparentemente innocua, in quanto si manifesta in bambini affetti da cefalea cronica che non presentano segni neurologici tali da destare allarme e che normalmente vengono classificati in Pronto Soccorso come codici bianchi o verdi. L’esame del fondo oculare può essere uno strumento utile per scovarla”. Cefalea: i consigli della SIP per genitori e adolescenti 1) Evitare quanto più possibile i fattori scatenanti la cefalea, quali dormire poco, avere stili di vita scorretti (fumo, alcol), essere eccessivamente esposti agli stimoli visivi (computer, smartphone ecc.). 2) Prestare attenzione ai segnali di esordio precoce atipico, come torcicollo, dolori addominali. Se intercettati precocemente si può fare la diagnosi di cefalea e quindi migliorare la qualità della vita del bambino. 3) In caso di attacco acuto somministrare tempestivamente la terapia prescritta dal pediatra perché se si aspetta troppo il farmaco rischia di essere inefficace. 4) Quando ci sono segnali come cambio di umore o se il bambino cammina male, vede male e parla male rivolgersi a un centro specialistico. 5) Pensare a una profilassi quando gli episodi sono numerosi e inficiano qualità vita del paziente e della famiglia. Tratto da SIP

lunedì 23 giugno 2014

Età pediatrica a 18 anni??

Innalzare fino al diciottesimo anno di età la soglia per accedere alle cure pediatriche. E’ quanto chiede il senatore del Nuovo Centro Destra, Salvatore Torrisi, in un disegno di legge presentato oggi in Senato.”L’adolescenza - spiega il senatore - è un periodo cruciale, è proprio a questa età che si manifestano comportamenti a rischio. Tali condotte errate, se non sono affrontate in modo adeguato, oltre ad esporre l’adolescente a precoci rischi per la salute, possono concorrere, nell’età adulta, all’instaurarsi di stili di vita pericolosi per il singolo e per la collettività. Proprio per questa peculiare criticità si rendono necessarie politiche organizzativo-assistenziali che siano maggiormente adeguate e funzionali”. “Il pediatra, in questo contesto, può essere la figura più indicata per soddisfare le richieste di salute dell’adolescente, proprio in funzione delle sue caratteristiche professionali, che gli permettono di essere lo specialista di una fascia d’età più che di patologie di un apparato. La pediatria di famiglia rappresenta un’importate risorsa del Servizio sanitario Nazionale per poter affrontare i problemi dell’adolescente ed è quindi opportuno prevedere che la competenza assistenziale del pediatra in Italia si protragga oltre il 14° anno di età, e per specifiche patologie oltre il compimento dei 16 anni, fino a raggiungere i 18 anni. Come, peraltro, in ambito scientifico, la European accademy of pediatrics e la Confederation of european specialists in pediatrics richiede, definendo le cure pediatriche come ‘l’assistenza medica degli individui durante la crescita e fino al compimento dello sviluppo, cioè dalla nascita a 18 anni” - conclude il senatore Torrisi. Fonte Agenzia Parlamentare

martedì 10 giugno 2014

Cautela con i "generici" in età pediatrica

''Cautela e prudenza nell'uso dei farmaci generici in pediatria. La ricerca in tale settore deve ancora fare dei passi in avanti. La farmacologia pediatrica ha ancora carenze sulla sperimentazione di alcuni farmaci nei bambini e in particolar modo per il generico''. Cosi' ammonisce Roberto Bernardini, Presidente della Societa' Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica (SIAIP) e Direttore della Unita' Operativa Complessa di Pediatria dell'Ospedale San Giuseppe di Empoli. Infatti, osserva, sebbene i generici possano garantire un risparmio economico al servizio sanitario nazionale e alle famiglie, devono essere messi sempre al primo posto la sicurezza dei piccoli pazienti, in particolare in una fascia delicata come quella dell'infanzia, e la efficacia del farmaco. ''La cautela sui generici - spiega Bernardini - riguarda prima di tutto il dosaggio, poiche' nei farmaci equivalenti la legge consente uno scostamento nella concentrazione di principio attivo sino al 20% rispetto al farmaco di marca''. Inoltre ''nell'ambito del farmaco generico emerge un secondo problema: la mancanza di conoscenza dell'interazione tra principio attivo ed eccipienti. Essendo nel generico la quantita' di eccipiente diversa e spesso maggiore rispetto a quella presente nel farmaco di marca, cio' potrebbe favorire sia una reazione da ipersensibilita' agli eccipienti sia una reazione allergica al principio attivo''. ''Sebbene queste ad oggi siano solo ipotesi - precisa Bernardini - in quanto assenti studi in tal senso, non si possono comunque correre rischi sull'infanzia: servono dunque sperimentazioni che ne garantiscano la sicurezza ed efficacia''. Il piccolo paziente, infatti, ''non e' un piccolo adulto, in quanto maturazione epatica e metabolismo non sono sovrapponibili a quelli dell'adulto. Cio' comporta una diversa biodisponibilita' del farmaco tra bambini ed adulti legata anche ad una diversa interazione tra principio attivo-eccipienti nei generici e nel farmaco di marca fino ad ora usato'' Fonte:ASCA

sabato 7 giugno 2014

Vergognoso!!!!

Con tutti i problemi che abbiamo in Italia e in Europa, qualcuno, che viene definito "esperto" ha il coraggio di redigere documenti del tipo di seguito descritto.Sperando che sia una falsa notizia riporto l'articolo dal liberoquotidiano.it.Intanto No comment!!! La masturbazione sarà promossa in tutte le scuole materne ed elementari d’Europa come forma di educazione sessuale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), di comune accordo con l’agenzia governativa tedesca per l’Educazione sanitaria, sta infatti diffondendo presso tutti i ministeri della Salute e dell’Istruzione d’Europa un documento, chiamato «Standard di Educazione Sessuale in Europa», che invita a una maturazione della consapevolezza sessuale già nei primissimi anni di età, attraverso una conoscenza del proprio corpo e un’esplorazione delle relazioni sessuali - sia etero sia omo - infantili. Il testo, redatto da diciannove esperti, è rivolto a «responsabili delle politiche, autorità scolastiche e sanitarie» e rappresenta una sorta di vademecum per guidare i bambini verso una piena crescita sessuale nel periodo compreso tra 0 e 15 anni. Nelle 83 pagine del documento vengono definite le varie fasce d’età e, per ciascuna, stabiliti gli obiettivi da raggiungere e i relativi compiti dell’insegnante. Ai bimbi dagli 0 ai 4 anni, si legge, «gli educatori dovranno trasmettere informazioni su masturbazione infantile precoce e scoperta del corpo e dei genitali, mettendoli in grado di esprimere i propri bisogni e desideri, ad esempio nel “gioco del dottore”». Dai 4 ai 6 anni i bambini dovranno invece essere istruiti «sull’amore e le relazioni con persone dello stesso sesso», «parlando di argomenti inerenti la sessualità con competenza comunicativa». La vera crescita avverrà coi bimbi tra i 6 e i 9 anni, cui i maestri terranno lezioni su «cambiamenti del corpo, mestruazioni ed eiaculazione», facendo conoscere loro «i diversi metodi contraccettivi». Su questo aspetto i bambini tra 9 e 12 anni dovranno già avere ampia competenza, diventando esperti nel «loro utilizzo» e venendo informati su «rischi e conseguenze delle esperienze sessuali non protette (le gravidanze indesiderate)». Ecco il decisivo balzo in avanti: nella fascia puberale tra i 12 e i 15 anni gli adolescenti dovranno acquisire familiarità col concetto di «pianificazione familiare» e conoscere il difficile «impatto della maternità in giovane età», con la consapevolezza di «un’assistenza in caso di gravidanze indesiderate e la relativa «presa di decisioni» (leggi aborto). Non solo: a quell’età, ormai matura secondo l’Oms, i ragazzi dovranno essere informati sulla possibilità di «gravidanze anche in relazioni omosessuali» e sull’esistenza del sesso inteso come «prostituzione e pornografia», venendo messi in guardia «dall’influenza della religione sulle decisioni riguardanti la sessualità». Il protocollo diffuso dall’Oms lancia anche un monito affinché «l’educazione sessuale venga effettivamente realizzata in termini di luoghi, tempi e personale», sebbene non occorra una preparazione ad hoc della classe docente e «gli insegnanti di educazione sessuale non siano professionisti di alto livello». Queste direttive sono già state recepite a livello comunitario nella risoluzione Estrela votata giorni fa al Parlamento europeo e ora in discussione in Commissione. Nel testo presentato dall’europarlamentare socialista Edite Estrela, la masturbazione viene infatti indicata come metodo di educazione sessuale, prendendo atto del fatto che «i ragazzi più giovani sono esposti, sin dalla più tenera età, a contenuti pornografici soprattutto su Internet». Il rapporto Estrela, inoltre, invita l’Ue a «prevenire le gravidanze indesiderate» e a garantire «il diritto d’aborto», combattendo «l’abuso dell’obiezione di coscienza» da parte del personale sanitario. Contro questa risoluzione si sono schierati numerosi europarlamentari, tra cui l’italiano Sergio Silvestris (Pdl), che coi loro emendamenti hanno determinato un rinvio e un riesame del testo in Commissione. Intanto anche contro il documento dell’Oms si sta sollevando un’opposizione della società civile: sia la fondazione CitizenGo sia il sito hatzeoir.org stanno raccogliendo firme per fermare la diffusione del testo, definito «corruttore dell’integrità e della salute dei minori».