giovedì 27 dicembre 2012

Prematuri e malattie dell'infanzia

/I risultati di uno studio epidemiologico condotto su 18.818 bambini britannici controllati all’età di tre e cinque anni, afferma che la salute dei bimbi prematuri sia peggiore rispetto a quelli nati dopo una gravidanza di durata normale. I ricercatori hanno suddiviso i bambini in quattro classi in funzione dell’età gestazionale al momento del parto: very pre-term, o estremamente prematuri, dalle 23 alle 31 settimane; moderate pre-term, late pre-term e early term, rispettivamente per 32-33, 34-36 e 37-38 settimane. Lo studio indica che gli indici legati a una buona salute peggiorano con diminuire della età gestazionale.La maggore prematurità comporterebbe problemi maggiori sull'outcome del bambino. Tra gli effetti avversi che aumentano col decrescere della durata della gestazione, l’analisi indica un modesto guadagno di peso e di altezza, le patologie di lunga durata, l’asma e le difficoltà respiratorie e la necessità di ricoveri nei primi nove mesi di vita, spesso per problemi gastrointestinali o respiratori. Tuttavia, anche un’età gestazionale relativamente elevata si associa a una salute più precaria. «I nostri risultati» affermano gli autori «mettono in discussione l’idea ampiamente accettata secondo cui i cosiddetti tardi prematuri raggiungono a lungo termine uno stato di salute simile ai bambini nati dopo una gravidanza normale». Questi bambini, anche se in media sono più sani dei bambini estremamente prematuri, costituiscono una fascia di popolazione più ampia e quindi, nel complesso, richiedono un maggior numero di interventi medici e ricoveri ospedalieri.




per consultare l'articolo originale cliccare sul link:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3291750

martedì 13 novembre 2012

Autismo e MPR

Ultimamente è nuovamente apparsa la notizia di una possibile correlazione tra Autismo e vaccinazione anti-morbillo, rosolia, parotite.Il direttore di "Epicentro", centro nazionale di epidemiologia ha seccamente smentito questa notizia, anche in riferimento ad alcune sentenze in materia di risarcimenti, avvenute in Italia negli ultimi mesi.
Riportiamo la sua opinione in proposito.

"La presenza di una possibile associazione causale tra vaccinazione con il vaccino morbillo-rosolia-parotite (MPR) e autismo è stata estensivamente studiata. Il termine autismo si riferisce a un insieme di patologie caratterizzate da problemi di comunicazione e interazione con gli altri, unite a una tendenza mostrare comportamenti o interessi ripetitivi. I pazienti con disordini di tipo autistico possono presentare un ampio spettro di condizioni cliniche: da una sostanziale assenza di interazione con gli altri a situazioni in cui l’adattamento al contesto sociale è buono nella maggior parte dei casi. Di solito l’autismo viene diagnosticato nel secondo anno di vita o in età prescolare, anche se in alcuni bambini la diagnosi è più tardiva. È stato inoltre riportato che il 20% circa dei bambi con autismo presenta una regressione del comportamento: questi bambini, cioè, hanno uno sviluppo neurocomportamentale apparentemente normale fino a un certo punto della loro vita, quando perdono le capacità di comunicazione acquisite fino a quel momento. L’autismo può aver molte cause e si ritiene che tra i fattori più importanti vi siano quelli geneti e la presenza alla nascita di anomalie cerebrali.
L’ipotesi che la vaccinazione MPR possa essere associata ad autismo è stata sollevata negli anni ’90 da uno studio inglese,in cui si sosteneva che il vaccino trivalente MPR potesse provocare un’infiammazione della parete intestinale, responsabile del passaggio in circolo di peptidi encefalo-tossici. Questa ipotesi ha avuto una vasta risonanza sulla stampa anglosassone ed è stata successivamente valutata da numerosi studi
condotti sia in Europa che negli USA. Nessuno degli oltre 20 studi condotti negli ultimi 13 anni ha confermato che possa esserci una relazione causale tra vaccino MPR e autismo.
Inoltre, gli stessi Autori dello studio inglese hanno successivamente ritirato le loro conclusioni e dichiarato che i dati presentati erano insufficienti per stabilire un’eventuale relazion causale e nel 2010 la nota rivista medica Lancet, che aveva pubblicato lo studio sopra citato nel 1998, ha formalmente ritirato tale articolo. Oltretutto è stato recentemente riportato che, oltre ai difetti epidemiologici di questo studio, numerosi fatti, circa la storia anamnestica dei pazienti, fossero stati alterati dall’Autore per supportare i risultati e che l’intero studio fosse distorto da interessi economici.In particolare:

• tre dei nove casi riportati nello studio come affetti da autismo regressivo non erano mai stati diagnosticati come autistici;
• nonostante lo studio riportasse che prima della vaccinazione,dodici  bambini erano “normali”, cinque avevano una documentazione che attestava precedenti problemi dello sviluppo;
• è stato riportato che alcuni bambini avevano sviluppato de sintomi comportamentali nei giorni successivi alla vaccinazione,ma nella documentazione clinica veniva riportato che l’inizio di tali sintomi era avvenuto alcuni mesi dopo la vaccinazione;
• in nove casi, i risultati istopatologici del colon sono stati alterati da “nessuna o una minima fluttuazione nelle cellule infiammatorie” a “colite non specifica”;
• i soggetti erano stati reclutati attraverso gruppi di persone contrari alla vaccinazione MPR e lo studio era stato commissionato e finanziato con l’obiettivo di avviare una vertenza legale.

L’Autore è stato radiato dall’Ordine dei medici per il suo comportamento. La possibile relazione tra vaccini MPR e autismo è stata ampiamente analizzata da un gruppo indipendente di esperti negli USA (Institute of Medicine, Iom), il quale, sulla base di una approfondita revisione degli studi clinici ed epidemiologici esistenti, ha concluso che le evidenze disponibili respingono l’ipotesi di una relazione causale. I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi e altre organizzazioni inclusa l’American Academy of Pediatrics, un’organizzazione professionale con 60 mila membri, hanno raggiunto le stesse conclusioni.
Una recente review ha, inoltre, riportato e valutato i numerosi studi epidemiologici condotti in diversi Paesi europei e americani per indagare la relazione tra vaccino MPR e autismo concludendo che non esiste un nesso causale. L’ampia dimensione delle popolazioni studiate ha permesso di raggiungere un livello di potere statistico sufficiente a rilevare anche rare associazioni .
Inoltre, i potenziali meccanismi biologici finora ipotizzati, per spiegare come il vaccino MPR possa scatenare l’insorgenza di una sindrome autistica, sono solo teorici e non supportati da evidenze scientifiche. Non è stato dimostrato che il vaccino trivalente sia causa di infiammazione cronica intestinale o perdita della funzione della barriera intestinale, né esiste alcuna evidenza di un possibile ruolo del sistema immunitario nell’autismo. Anche se alcuni dati suggeriscono che l’incidenza di autismo sia in aumento non è chiaro se questo aumento sia reale o dovuto a una migliorata conoscenza della sindrome tra i medici o all’utilizzo di una più ampia definizione di caso per la diagnosi, e comunque non è stata rilevata alcuna correlazione
tra incremento dell’incidenza dell’autismo e incremento dei tassi di copertura vaccinale con il vaccino trivalente.Al contrario, uno studio recente ha messo in evidenza che negli Stati Uniti la vaccinazione contro la rosolia, che nella maggioranza dei casi viene somministrata come vaccino MPR, ha evitato, dal 2001 al 2010, centinaia e forse migliaia di casi di disturbi dello spettro autistico.
L’insieme degli studi pubblicati indica, quindi, che non ci sono elementi che sostengano un nesso causale tra la somministrazione dei vaccini MPR e il disturbo autistico.
Risulta opportuno, invece, considerare la rilevanza della promozione della vaccinazione MPR con due dosi al fine dell’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita anche nel nostro Paese.

Stefania Salmaso, direttore Cnesps e reparto di Epidemiologia
delle malattie infettive, Cnesps e Istituto Superiore di Sanità

Tratto da EPICENTRO,Il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica
a cura del Centro Nazionale di Epidemiologia,
Sorveglianza e Promozione della Salute, ISS (http://www.epicentro.iss.it/)

domenica 4 novembre 2012

Convulsioni febbrili


La preoccupazione maggiore dei genitori è la febbre elevata e conseguentemente la possibilità di convulsioni.
Pertanto è necessario fare chiarezza sul significato di convulsione, descrivendo brevemente i tipi di tipi e le cause più frequenti delle  convulsioni.

Le convulsioni sono contrazioni violente e non volontarie che interessano alcuni muscoli scheletrici volontari.
Una pratica distinzione delle convulsioni è quella che le suddivide in:
  • convulsioni toniche
  • convulsioni cloniche
  • convulsioni tonico-cloniche.
Si parla di convulsioni toniche nel caso che la contrazione muscolare sia prolungata; le convulsioni sono dette invece cloniche quando sono di breve durata e sono seguite da una fase di rilassamento; si parla di convulsioni tonico-cloniche quando c'è un susseguirsi di convulsioni toniche e di convulsioni cloniche.
Le convulsioni sono un sintomo tipico, ma non esclusivo, dell'epilessia, possono infatti essere provocate da altri tipi di patologie o da altre condizioni:

La tipologia di convulsione dipende dai cosiddetti foci epilettogeni, ovvero dalle fonti da cui derivano le convulsioni; in base a tali criteri si parla di convulsioni parziali (il focus epilettogeno è situato in una determinata area cerebrale) e di convulsioni generalizzate e continue (il focus epilettogeno è distribuito in diverse zone); il focus non è definito nelle convulsioni epilettiche (convulsioni continue).

Le convulsioni febbrili sono crisi convulsive che insorgono in corso di febbre (generalmente superiore a 38°C, ma possono comparire anche a temperature inferiori ), in un bambino di età compresa tra i 6 mesi (eccezionalmente prima) e i 5 anni (eccezionalmente dopo), con un picco tra i 15 e i 18 mesi, che non presenta alcun segno di affezione cerebrale acuta concomitante e che in precedenza non ha mai manifestato episodi critici in apiressia.
Solitamente si manifestano con perdita di coscienza e scosse degli arti, talvolta con uno stato di
irrigidimento o di rilasciamento muscolare. In genere durano alcuni minuti; dopo il bambino può
manifestare una profonda sonnolenza che rappresenta il periodo di ritorno alla normalità.
È eccezionale che si manifesti più di una crisi di convulsioni nel corso di una febbre.
Nella maggior parte dei casi non si verificano nuovi episodi (recidiva) dopo la prima crisi
convulsiva; talvolta invece è possibile assistere alla comparsa di una recidiva o, molto raramente, a
più di una, anche a distanza di mesi, ma sempre in presenza di febbre.
L’elevazione della temperatura accentua l’attività neuronale e abbassa la soglia di eccitabilità. E’ accertata una predisposizione genetica.
Nel 30% dei casi   recidivano in occasione di successivi episodi febbrili; il rischio di recidiva è maggiore (50%) nei primi 18 mesi di vita.
Si distinguono :
- convulsioni semplici, sempre generalizzate, di durata inferiore a 15 minuti, non associate a deficit post-critici, non presentano alcun esito a distanza. L’ EEG è privo di anomalie.
-convulsioni complesse, spesso focali o lateralizzate, di durata superiore a 15 minuti, con EEG caratterizzato da anomalie di tipo comiziale e con familiarità per epilessia.
Il rischio di evoluzione epilettica è modesto per le convulsioni semplici (2-4%), più elevato per le convulsioni complesse (7-21%).
La terapia della crisi convulsiva in atto consiste nella somministrazione di anticonvulsivanti benzodiazepinici .

In un  bambino che ha convulsioni febbrili, che rispondono alla descrizione fatta in precedenza, ci sono: 


Cose da non fare:
- non perdere la calma: è meglio che siano i genitori ad aiutare il bambino perché fanno prima di
chiunque altro; portare subito il bambino in ospedale o chiamare il pediatra fa perdere del tempo
e ritarda le cure
- non scuotere il bambino;
- non schiaffeggiarlo o chiamarlo per nome
- non cercare di bloccarlo perché sono manovre assolutamente inutili che ritardano le cure
efficaci.

Cose da fare:
- distendere il bambino in un luogo dove non possa cadere o farsi male
- metterlo delicatamente su un fianco, per evitare che aspiri muco o materiale vomitato e per
impedire alla lingua di ostruire le vie aeree
- liberarlo dai vestiti stretti
- eliminare velocemente dalla bocca la saliva e gli eventuali residui alimentari
- somministrare al più presto il clisterino di benzodiazepina, già pronto (Micronoan 5 mg se il bambino è al di
sotto dei tre anni di età, 10 mg se il bambino è al di sopra dei tre anni di età)
- ripetere il clistere se la prima dose viene espulsa, o se la crisi non finisce in 2-3 minuti.

Quando la crisi finisce, contattare il pediatra curante.

Quando portare il bambino in ospedale:
- se il bambino ha meno di un anno di età
- se la crisi non regredisce alla seconda somministrazione di Micronoan
- se le crisi si susseguono una dopo l’altra
Per potere accudire il bambino è opportuno farsi accompagnare e non essere impegnati nella guida.


La prevenzione è la prima cosa da attuare in un bambino che ha già avuto una convulsione febbrile.
Per ridurre il rischio di recidive, quando viene la febbre e la temperatura ascellare supera i 37,5°C e
quella rettale i 38°C, è necessario:
- verificare che il bambino non sia coperto da troppi vestiti
- applicare spugnature di acqua tiepida su tutto il corpo
- somministrare il farmaco antifebbrile.


In conclusione:
La prima cosa è controllare la febbre, valutare la natura della febbre e porre la diagnosi, consultando il pediatra.Non sempre i tremori con la febbre alta sono convulsioni.
Dunque , tranquillità....e non pensare subito alle convulsioni!!!






giovedì 25 ottobre 2012

Alimentazione pediatrica e Bio Food


Nessuno studio scientifico ha dimostrato finora i benefici nutrizionali apportati ai bambini dagli alimenti biologici rispetto a quelli non biologici. E' quanto afferma un rapporto dell'American Academy of Pediatrics (AAP),  nel quale i pediatri americani raccomandano piuttosto il consumo di frutta, verdura, grano duro e cibi a basso contenuto di grassi.

"A lungo termine, al momento non c'è alcuna indicazione chiara sul fatto che un regime alimentare composto da prodotti bio contribuisca a migliorare la salute o a ridurre il rischio di malattia", hanno scritto gli autori del documento, sottolineando che "finora non è stato condotto alcuno studio per rispondere specificatamente a questa questione". Sebbene nel rapporto venga riconosciuta la minora presenza di pesticidi negli alimenti biologici, gli autori evidenziano però che "a questo stadio, noi non disponiamo di alcuna prova scientifica sul fatto che questa disparità nel contenuto di presticidi faccia la differenza per la salute di una persona nel corso della sua vita, anche che sappiano che i bambini, soprattutto i più piccoli che hanno il cervello in via di sviluppo, sono particolarmente vulnerabili alle sostanze chimiche".

"Quello che più importa - ha sottolineato Janet Silverstein, co-autrice del rapporto - è che i bambini abbia una dieta ricca di frutta, verdure, legumi e cereali, latticini magri, siano essi prodotti biologici o meno, perchè questo genere di dieta ha dimostrato i suoi benefici per la salute". (fonte Afp) .

Per leggere il rapporto in inglese si può cliccare su seguente link:

domenica 21 ottobre 2012

I neonati ricordano le parole

I neonati ricordano e riconoscono le parole già a pochi giorni di vita: lo dimostra uno studio in gran parte italiano, coordinato da Jacques Mehler Scuola Internazionale di Studi Avanzati (Sissa) e pubblicato sulla rivista dell'Accademia di Scienze degli Stati Uniti. Lo studio, condotto all'ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine su 44 neonati, a pochi giorni dalla nascita, mostra per la prima volta che la regione frontale destra del cervello potrebbe supportare il riconoscimento vocale già durante le primissime fasi di acquisizione del linguaggio. Al lavoro hanno partecipato anche Francesco Macagno dell'ospedale Santa Maria della Misericordia e Marina Nespor della Sissa. Recenti ricerche, spiegano gli esperti, mostrano che già dal momento della nascita aree specifiche del cervello umano si attivano quando si ascoltano delle parole. Tuttavia finora non si sapeva se il cervello dei neonati riesca anche a codificare e a ricordare il suono delle parole. Per indagare questo aspetto, i ricercatori hanno condotto dei test su 44 neonati. "Abbiamo detto ai bambini delle paroline semplici e dopo due minuti le abbiamo ripetute, i test prevedevano o di ripetere le stesse parole, oppure di cambiare le vocali e lasciare le stesse consonanti oppure viceversa, cambiare le consonanti e lasciare le stesse vocali" spiega al'ANSA la prima autrice, Silvia Benavides-Varela che quando ha condotto la ricerca era alla Sissa e che ora lavora all'Ospedale San Camillo di Venezia. Per stabilire la capacità di memorizzare il suono di una parola e di distinguerlo, i bambini durante i test sono stati esaminati con una tecnica non invasiva chiamata spettroscopia nel vicino infrarosso che consiste "nel dirigere un fascio di luce nel vicino infrarosso sulla testina del bambino - osserva la ricercatrice - e poi misurare la luce in uscita. Una parte della luce viene assorbita e la differenza ci dice quali sono le reti corticali che si attivano durante il test". Il lavoro mostra che la regionale frontale destra, che è la stessa che si attiva negli adulti durante il ricordo delle parole, è quella che si 'accende' nei neonati durante il riconoscimento vocale e in particolare mostra che i bambini riconoscono solo le parole che hanno le stesse vocali delle parole ascoltate in precedenza.(Articolo redatto da Ansa) Articolo originale:http://www.pnas.org/content/early/2012/10/10/1205413109

venerdì 5 ottobre 2012

Settimana dell'Allattamento

"Dal 1* al 7 ottobre 2012 si celebra anche in Italia la Settimana per l'Allattamento Materno (SAM), giunta alla sua 15* edizione (la prima e' stata nel 1997). La SAM 2012, organizzata dall'Alleanza Mondiale per interventi a favore dell'Allattamento, e' ''dedicata al 10* anniversario dalla pubblicazione della 'Strategia globale per l'alimentazione dei neonati e dei bambini' da parte dell'OMS e dell'Unicef'', ha ricordato il Presidente dell'Unicef Italia Giacomo Guerrera sottolineando che ''la 'Strategia globale' ha l'obiettivo fondamentale di aumentare i tassi di allattamento al seno - in particolare l'allattamento al seno esclusivo per i primi 6 mesi di vita - e di raggiungere il 4* Obiettivo di Sviluppo del Millennio che mira a ridurre di due terzi la mortalita' infantile tra 0 e 5 anni''. L'articolo originale alla pagina: http://www.asca.it/news-Salute__Unicef__al_via_settimana_per_allattamento_materno-1202173-ATT.html

sabato 15 settembre 2012

Malattie croniche nell'infanzia

Aumentano di anno in anno i bambini che soffrono di malattie croniche, una volta appannaggio esclusivo degli anziani. Sono 3 milioni i bambini che ne soffrono, e questo paradossalmente grazie ai progressi compiuti in pediatria e neonatologia, che riescono a salvare bambini malati che fino a pochi decenni fa sarebbero sicuramente morti. Lo ha sottolineato Alberto Ugazio, presidente della società italiana di Pediatria (Sip), riunita a congresso a Roma. I progressi compiuti sul piano diagnostico e terapeutico sono innumerevoli, basti pensare ai dati sulla mortalità infantile: se a inizio secolo era pari a 174 casi su mille, negli anni 50 è passata a 52,7 per recedere a 4,4 nel 2001 sino a 3,6 bambini nel 2008. "Nonostante ciò oggi, forse ancora più di ieri, il bambino deve tornare al centro delle scelte sociali e politiche del Paese" spiega Alberto Ugazio, Presidente SIP. Se, da un lato, nelle società occidentali, le malattie infettive non sono più una priorità, dall'altro lato, “sono le malattie croniche complesse, che interessano circa 3 milioni di bambini, a rappresentare la nuova frontiera della pediatria. Molte malattie un tempo fatali, quali cardiopatie congenite, diabete, leucemie, oggi possono essere curate. Sono diventate, infatti, croniche. Ma l'organizzazione sanitaria deve strutturarsi per garantire adeguate cure e continuità assistenziale”, aggiunge Ugazio. Mentre sono traumi e lesioni, ricordano i pediatri, la prima causa di mortalità tra 5 a 19 anni e la terza causa nei primi 4 anni. Cause perinatali e anomalie congenite sono invece responsabili del maggior numero di morti dalla nascita fino a 4 anni. Leucemie e tumori, dopo il primo anno di vita, rappresentano la seconda causa di mortalità in tutte le fasce di età con una maggiore incidenza tra i 15-19 anni (3,7 su 10 mila), ed i problemi respiratori la quarta causa. La mortalità pediatrica per AIDS in 20 anni (dal 1980 al 2002) è diventata prossima allo zero. Purtroppo aumenta invece l'incidenza dei tumori: ogni anno in Europa, si ammalano 140 bambini ogni milione di bambini di età 0-14 anni, con un incremento annuo variabile dallo 0,8 al 2.1%. In ogni caso, ribadiscono gli esperti, sono le malattie croniche - che, paradossalmente, originano quasi per intero dagli straordinari successi scientifici - a rappresentare oggi la vera emergenza della pediatria. Basti pensare alla capacità dei neonatologi di far sopravvivere, crescere e diventare adulti bambini che pesano meno di 1 Kg alla nascita, o agli straordinari progressi della cardiologia e della cardiochirurgia che consentono oggi di correggere cardiopatie congenite che fino a pochi anni or sono erano incompatibili con la vita. E lo stesso vale per un gran numero di malattie genetiche, onco-emopatie, fibrosi cistica, deficit primitivi e secondari dell'immunità. Fonte:salute agi.it

giovedì 13 settembre 2012

Sorriso

Lavorando in una Terapia Intensiva neonatale,dove l'emergenza è la quotidianità e l' eccezionalità dei casi risulta quasi normale, si vivono e si "sentono" i pazienti. Si crea un rapporto, soprattutto con chi rimane per molto tempo, profondo, spesso duraturo e incancellabile. Anche se il personale sembra distaccato, asettico, professionale , sente tutto il pathos non solo del pazientino, ma anche dei genitori, catapultati in una realtà così strana, in un limbo che ha il sapore di un incubo.Loro, i genitori, non capiscono tante cose, non solo tecniche....finchè non le vivono in prima persona: la calma che può regnare durante le poppate,i colloqui quasi sottovoce, rotti dal suono dei monitors, aprire con delicatezza gli oblò delle incubatrici...poi l'emergenza, la palpabile linea adrenalinica che percorre il reparto, le attese fuori della porta nella speranza che non sia il tuo, l'oggetto dell'urgenza. Alla fine la quiete dopo la tempesta..il sorriso tirato dell'equipe che ha affrontato l'emergenza, le rassicurazioni, la calo della tensione.Ma tutto ciò si dissolve con la dimissione.....Casa, amici ,parenti..il sole.. una vita normale con un bambino piccolissimo, e ancora il suono degli allarmi dei respiratori nelle orecchie.C'è spazio, finalmente, per le parole: "per tutto l'amore e la dedizione e l'impegno" mostrato da "questi uomini e queste donne eccezzionali" , " la professionalità"...."senza di voi non ce l'avremmo mai fatta"...Sono cose che tra noi in Tin non ci diciamo,magari le mettiamo in cornice e le appendiamo sui muri del reparto, ma ci fanno piacere e soprattutto ci fanno bene! Una volta un genitore mi scrisse : " ciò che per lei è stato soltanto il suo lavoro, per noi vuol dire poterla ringraziare oggi". Non è stato e non sarà mai soltanto il mio lavoro... non lo farei se non lo sentissi profondamente, se non ci mettessi la passione, la fatica e il sudore,se non amassi quei bambini e i loro genitori che combattono per il loro piccolo. Noi tutti vorremmo che ci fosse sempre un sorriso e non una lacrima..

venerdì 7 settembre 2012

Ancora Diabete...

Uno studio recente si è proposto di valutare i rapporti tra qualità dell’alimentazione della donna nel primo trimestre di gravidanza e marker di sensibilità/resistenza all’insulina alla nascita. Utilizzando l’Healthy eating index (HEI) per misurare la qualità dell’alimentazione e il punteggio MDA per l’aderenza alla Dieta Mediterranea (DM), lo studio ha analizzato il comportamento alimentare di 35 donne e lo ha confrontato con i biomarker di sensibilità/resistenza all’insulina rilevati nel sangue del cordone ombelicale alla nascita. Gli Autori dello studio hanno osservato che le donne con scarsa aderenza alla DM o cattiva qualità dell’alimentazione, mostrano una ridotta glicemia a digiuno (rispettivamente, P=0.025 o P=0.016), ma danno alla luce bambini con ipoglicemia.Una scarsa aderenza alla Dieta Mediterranea o comunque un’alimentazione di bassa qualià durante le prime 12 settimane dal concepimento sembrano, dunque, influenzare negativamente i marker per l’insulino-resistenza del nascituro, confermando i risultati di precedenti studi sull’importanza dell’alimentazione nel percorso periconcezionale.Perleggere l'articolo originale cliccare il seguente link: aternal diets with low healthy eating index or mediterranean diet adherence scores are associated with high cord-blood insulin levels and insulin resistance markers at birth Gesteiro E, Rodríguez Bernal B, Bastida S et al. Eur J Clin Nutr. 2012 Jul 25. doi: 10.1038/ejcn.2012.92. [Epub ahead of print].

lunedì 3 settembre 2012

Il Diabete in età pediatrica

Il diabete mellito è una situazione caratterizzata dall'incapacità dell'organismo a mantenere un livello di glicemia (quantità di zucchero nel sangue) nella norma. Ne esistono diverse forme. Quella più comune in età pediatrica è il diabete mellito autoimmune di tipo 1 (chiamato spesso per semplicità diabete insulino-dipendente). Il diabete mellito autoimmune di tipo 1 è la conseguenza della distruzione da parte di autoanticorpi (anticorpi diretti contro l'organismo stesso) delle cellule pancreatiche deputate alla produzione di insulina (ormone che serve a regolare il livello di glicemia nel sangue). Le cellule che producono insulina sono le sole ad essere interessate: tutto il resto del pancreas rimane perfettamente intatto ed efficiente. L'incidenza del diabete autoimmune di tipo I in Italia è intorno a 7 nuovi casi /100.000 abitanti /anno. La sintomatologia classica è rappresentata dalla poliuria (aumento della quantità di urine emesse) e dalla conseguente polidipsia (aumento della sete). Se tale situazione si prolunga per molto tempo il soggetto può andare incontro a disidratazione (eccessiva perdita di liquidi dell'organismo) oppure la malattia può esordire clinicamente con una chetoacidosi (produzione di chetoni che portano ad un'acidificazione del sangue). Molto spesso, una volta posta la diagnosi, ricostruendo la storia clinica del paziente, ci si accorge che la poliuria e la polidipsia erano iniziate da diverso tempo (in media una ventina di giorni) ed il bambino si alzava di notte per andare in bagno oppure bagnava il letto; la nicturia (necessità di urinare durante la notte) è infatti spesso il primo campanello di allarme della malattia, visto che, soprattutto in un bambino ormai autonomo, l'aumento della minzione può passare inosservato durante il giorno. Gli esami diagnostici: di fronte al quadro clinico descritto, il riscontro di una glicemia elevata, magari accompagnata da una franca chetonuria (presenza di chetoni nelle urine) è già diagnostico. Per differenziare il diabete autoimmune dalle altre forme, più rare, ma comunque possibili in età pediatrica (vedi più avanti) è utile eseguire un dosaggio degli autoanticorpi specifici ed un test per valutare la secrezione di insulina residua. Un'altra forma di diabete mellito, seconda per ordine di frequenza in età pediatrica è il diabete mellito di tipo II dell'età giovanile (Mody) . Si tratta di una condizione molto più rara rispetto al diabete autoimmune, simile a quella del diabete "classico" dell'adulto. In questo caso i sintomi sono in genere più sfumati, non vi è quasi mai chetoacidosi e, soprattutto, la causa non risiede nella distruzione della parte endocrina del pancreas da parte degli anticorpi ma in un difetto nel meccanismo di funzionamento dell'insulina. Molto spesso si riscontra una familiarità. Gli autoanticorpi specifici del diabete autoimmune (IA2, GAD) sono assenti, la secrezione residua di insulina è buona. Attualmente la terapia farmacologica del diabete di tipo 1 consiste nella somministrazione di insulina, nelle sue varie forme (ultrarapida, rapida, intermedia, lenta, ultralenta), secondo lo schema che sarà reputato dal pediatra più adatto e individualizzato. Lo schema alimentare sarà rigido negli orari ma senz'altro vario per quello che riguarda l'assortimento degli alimenti. Esso assicurerà sempre un normale fabbisogno calorico per l'età, indispensabile alla crescita ed allo sviluppo del soggetto in età pediatrica. Altre terapie, sperimentali, in particolare quelle a base di immunosoppressori, come la ciclosporina, sono state oggetto di studi approfonditi negli ultimi anni, ma nessuna di queste ha dimostrato un reale beneficio a lungo termine e non sono quindi adottate nella corrente pratica clinica. Nel diabete giovanile di tipo 2 (MODY) la terapia riposerà sul regime dietetico, sugli ipoglicemizzanti orali, sull'insulina, a seconda delle valutazioni del caso. Scopo della terapia è quello di ottenere un buon controllo metabolico, con un livello di glicemia stabile per evitare sia i problemi immediati (ipoglicemia = glicemia troppo bassa con rischio di malessere e perdita di coscienza ed iperglicemia = glicemia troppo alta e conseguenti poliuria, polidipsia, disidratazione, chetoacidosi), sia quelli a lungo termine (complicazioni renali ed oculari). Le attuali conoscenze in merito sono molto incoraggianti: un buon controllo metabolico, testimoniato da un valore di HbA1c (emoglobina glicosilata, esame che viene effettuato ogni tre mesi e che rappresenta il valore medio di glicemia negli ultimi 90 giorni) inferiore a 7,5% riporta il rischio di complicanze oculari e renali a quello della popolazione non diabetica. La corretta gestione consente di condurre una vita assolutamente normale; per fare un esempio, esistono numerosi campioni dello sport affetti da diabete di tipo I la cui condizione non gli impedisce affatto di fare buna vita normale.

venerdì 20 luglio 2012

Decalogo per stile di vita salutare

L'ufficio stampa di "Save the Children" ha diffuso i risultati del progetto triennale “Pronti, partenza, via!”, per la pratica motoria e sportiva e l’educazione alimentare dei bambini e ragazzi, ha già coinvolto oltre 27.000 tra bambini, genitori ed operatori in dieci città italiane. L’intervento, promosso da Save the Children insieme a Kraft Foods Foundation, in partnership con Centro Sportivo Italiano (CSI) e Unione Italiana Sport Per tutti (UISP), è patrocinato dalla SIP (Società Italiana di Pediatria) e dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza.E' stato pubblicato un decalogo di stile di vita,consultabile cliccando il link che segue: Il Decalogo per uno stile di vita più salutare. Quello che emerge sui bambini e ragazzi italiani non è molto confortante e in precario equilibrio tra sane abitudini di vita da un lato, come la pratica di attività sportive e motorie, e la sedentarietà e le cattive abitudini dall’altro. Quasi un quinto dei bambini e adolescenti italiani - pari al 19% - non pratica alcuna attività motoria nel tempo libero, con un aumento di un punto percentuale rispetto allo scorso anno. La percentuale sale al 24% al Sud e nelle Isole, con dei picchi del 37% a Napoli e del 33% a Sassari. Costo elevato (21%) o assenza sul territorio di strutture adeguate (16%), sono tra le cause segnalate dai bambini, insieme al fatto che i genitori non possono accompagnarli (20%), ma soprattutto al disinteresse nella pratica di un qualsiasi sport o attività motoria (ben il 38%, in aumento del 12% rispetto al 2011). Paradossale la situazione dei bambini italiani anche durante le ore scolastiche dedicate all’attività motoria e alla pratica sportiva: il 6% dei bambini e ragazzi non ha alcuno spazio dove svolgere attività fisica (con un incremento del 2% a livello nazionale rispetto allo scorso anno, e dove esiste non è in buone condizioni per il 40% dei bambini italiani. Secondo il 60% dei genitori italiani, i loro figli passano il tempo libero prevalentemente a casa propria o di amici, percentuale che arriva al 66% al Sud e nelle Isole e al 64% nel nord ovest e che riguarda in misura maggiore la fascia d’età 11-13 anni (66%). Anche quasi il 30 % dei bambini e ragazzi intervistati dichiara più in generale di passare poco tempo all’aperto: il 12 % di essi non gioca mai o quasi mai fuori con gli amici, mentre il 17% lo fa solo qualche volta al mese. La televisione continua ad essere il mezzo con cui passare il tempo: i genitori dichiarano che più di 3 ore di TV al giorno sono la regola per quasi 1 bambino su 5 durante la settimana, ma nel weekend lo diventano per più di 1 su 4. Ore che spesso si sommano a quelle passate su internet (secondo i bambini e ragazzi italiani più di 3 ore al giorno per il 15% di loro, con percentuali del 30% a Milano e del 23% a Palermo) o a giocare ai videogames ,più di tre ore al girono per l’8%. 1 ragazzo su 4 afferma che i propri genitori non controllano per quanto resti incollato agli schermi, percentuali che salgono al 27% per quanto riguarda la navigazione su internet.Per contro, il 57% dei genitori si preoccupa se i figli stanno all’aperto (in leggera flessione rispetto al 59% del 2011), prevalentemente per la paura degli sconosciuti nel 45% dei casi, seguita dal timore del traffico (25%), che i figli si facciano male (25%), o che frequentino amici pericolosi (3%). Quando si sposta per qualunque esigenza, anche solo per andare a scuola, il 41% dei bambini e ragazzi lo fa accompagnato in auto (con un incremento del 3% rispetto allo scorso anno, e il 68% cammina meno di 30 minuti al giorno (di questi il 23% lo fa per meno di 15 minuti. La percezione dell’importanza di fare sport o attività motorie non va trascurata, soprattutto quando si parla di ragazzi: per il 46% dei ragazzi chi fa sport o attività motoria è considerato positivamente, ma il restante 54% non reputa sia importante o in ogni caso che lo sia più essere esperti di videogiochi, cartoni o calcio. Nell’impiego del tempo libero vengono privilegiate attività individuali come ascoltare musica (55%) o leggere (43%, in flessione di 11 punti percentuali rispetto al 2011), ma una domanda forte di socialità viene dal fatto che il 44% dei bambini ritiene sia molto importante stare con gli amici e i coetanei e il 28% vorrebbe giocare con loro all’aria aperta, mentre solo per il 6% ci vorrebbero più videogame o il 4% desidererebbe giocattoli. Solo un 14% dei bambini e ragazzi italiani ritiene che sia molto importante fare sport. Il tempo con i genitori viene sì trascorso andando a passeggio (52%), ma anche all’interno delle mura domestiche (51%, +6% rispetto al 2011,, all’interno dei centri commerciali ben il 43% dei ragazzi, o a casa di qualche familiare (41%). “Benché sembra che la pratica di attività sportive e motorie sia abbastanza diffusa tra i ragazzi italiani, ad un più attento esame, emergono forti criticità legate al disinteresse in forte aumento rispetto alla pratica di sport e un lieve incremento dei comportamento sedentari, come il più frequente utilizzo dell’auto negli spostamenti ed una maggiore permanenza dei ragazzi a casa nel tempo libero”, afferma Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia. “Indicatori preoccupanti, perché il movimento e la socialità sono elementi essenziali per la crescita equilibrata. Come abbiamo cercato di sintetizzare nel Decalogo per uno stile di vita più salutare per bambini e famiglie , esistono dei comportamenti virtuosi che bisogna cercare di innescare: stimolare a camminare per più di 30 minuti al giorno, ad esempio, è fondamentale, se consideriamo che il 68% dei bambini e dei ragazzi italiani non lo fa”. Anche l’alimentazione, altro tassello del corretto stile di vita, insieme alle attività sportive, al movimento e al vivere all’aria aperta, presenta delle zone d’ombra. Nonostante i genitori dichiarino di conoscere in genere le regole per un regime salutare (89%)apprese soprattutto in ambito familiare (42%), o da letture (39%), il 37% di loro non le applica con i propri figli. Come conseguenza, circa un ragazzo su 4 mangia la frutta solo un paio di volte la settimana o meno spesso. È soprattutto dai pediatri che i genitori vorrebbero avere più informazioni su una corretta alimentazione, seguiti dagli insegnanti dei propri figli, ma anche dai media. I bambini inoltre non iniziano correttamente la giornata facendo colazione nel 19% dei casi, e mai o solo qualche volta a casa per il 12% di essi. E se si indaga su cosa mangiano i ragazzi, sono latte (65%), biscotti (47%) e cereali (39%). Per la maggior parte di essi, pari al 57%, comunque la colazione varia. La merenda fuori dai pasti principali (intesi come colazione , pranzo e cena) è un’abitudine consolidata solo per il 25% dei bambini italiani, a cui si aggiunge un 43% che lo fa qualche volta alla settimana, e la maggior parte di loro lo fa a metà pomeriggio (65%): la raccomandazione dei pediatri di effettuare 5 pasti nell’arco della giornata è ben lontana dall’essere praticata. Quasi un ragazzo su 10 mangia a pranzo solo a casa (l’8% in media, ma la percentuale rimane del 6% anche per i bambini tra i 6 e i 10 anni ) o fuori con gli amici (il 5%). Anche a cena, il 12 % non mangia quasi mai o solo qualche volta a tavola con i genitori. Il 39% dei bambini dichiara di mangiare sempre davanti alla TV, percentuale che sale al 44% al sud e nelle isole, con un 59% dei genitori che non contesta il fatto o non c’è , mentre il restante 41% si lamenta ma accetta la situazione. L’obesità o il sovrappeso dei bambini e ragazzi in Italia appare per i genitori un problema consueto e che colpisce un cospicuo numero di ragazzi: un genitore su quattro afferma che riguardi oltre il 30% dei bambini del nostro paese, ed in particolare la fascia d’età dai 6 ai 10 anni (per il 64% di questi). Il sovrappeso è maggiormente presente in famiglie che denunciano qualche problematica o difficoltà relazionale o famiglie mono-reddito, in cui le madri sono casalinghe. “Anche per quanto riguarda il pianeta nutrizione emergono luci ed ombre. Se è vero che la maggior parte dei bambini e ragazzi italiani mangiano più o meno abitualmente frutta e verdura, è anche vero che solo un bambino su quattro fa propria la raccomandazione di pediatri e nutrizionisti di fare 5 pasti al giorno, un bambino su 10 decide autonomamente cosa mangiare e aumenta il numero dei genitori che non contesta ai figli il fatto di mangiare di fronte alla tv. Tali comportamenti a rischio si registrano soprattutto in contesti socio-economici disagiati – continua Valerio Neri – e potrebbero estendersi a causa della crisi economica, che secondo la ricerca Ipsos sta mettendo in difficoltà il 29% delle famiglie italiane, con un aumento del 10% rispetto allo scorso anno”. Complessivamente, nel corso dei tre anni del progetto, saranno più di 66.000 - tra bambini dai 6 agli 11 anni e loro familiari, oltre a decine di operatori, educatori, insegnanti, pediatri e nutrizionisti - le persone coinvolte direttamente e attivamente dal progetto “Pronti, partenza, via!”, nel quartiere di Sestri Ponente a Genova, quello di Borgo Vittoria a Torino, Corvetto a Milano, Brecce Bianche ad Ancona, Primo, Gattone e Isole ad Aprilia (e provincia di Roma), Rizzeddu a Sassari, Ponticelli a Napoli, San Pio e San Paolo a Bari, San Giovanni a Catania, Acquasanta e Arenella a Palermo. Tra gli interventi che fanno parte del progetto, il recupero di spazi e strutture in-door e out-door, che si trovano in zone disagiate delle città - campi da gioco, percorsi sportivi, spazi verdi, campi polivalenti, skate e roller park, piste podistiche e ciclabili - ma anche l’azione formativa ed educativa specialistica all’interno delle scuole primarie per promuovere stili di vita e alimentari salutari per i bambini e le loro famiglie, oltre all’apertura di sportelli informativi per tutti. L'articolo completo può essere consultato sul sito di Save the children

venerdì 13 luglio 2012

L'obbligo delle vaccinazioni: assenzi e dissenzi

La controversia sull'obbligatorietà dei vaccini continua sui media, e genera posizioni e schieramenti, tra i medici, i genitori, tra il Ministero della Salute con il nuovo Calendario vaccinale e con le singole Regioni e centri vaccinazioni della ASL.Si discute se è corretto avere ancora le vaccinazioni di legge o liberarizzarle, se la possibilità di reperire singoli vaccini e non solo i vaccini combinati, sia un diritto dei genitori che scelgono le vaccinazioni, se nei centri vaccinazioni devono essere presenti questi vaccini singoli e non essere costretti ad una vaccinazione imposta che va oltre l'obbligatorietà di legge.Proprio a questo proposito è stato pubblicato un lungo articolo sul "ilfatto quotidiano" che,con un'esposizione imparziale, riporta in primo piano la problematica vaccini alla luce della reperibilità nei centri vaccinazioni, del vaccino esavalente,e non dei solo quattro vaccini obbligati dalla legge. Allego il link per facilitare la lettura dell'interessante articolo: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/04/vaccinazioni-stato-ne-richiede-4-ma-ne-impone-6-esavalente-costoso-e-dannoso/283069/

domenica 8 luglio 2012

Il fumo passivo fa male al futuro nascituro

Il fumo fa male e questo è assodato,e che sia nocivo anche il fumo passivo al feto ,era anche noto.Ma a Nottingham uno studio dell’Università ha accertatoche il fumo passivo aumenta il rischio di mortalità perinatale del 23% e di difetti congeniti al nascituro del 13%. È la conclusione a cui sono giunti gli esperti dopo una rassegna di 19 studi precedenti in cui si sono analizzati gli effetti sulla gravidanza con donne il cui partner era fumatore o che lavoravano con colleghi fumatori. Precedenti ricerche avevano già dimostrato che le donne che fumano durante la gravidanza possono pregiudicare la salute del neonato, come ipoevolutismo fetalee difetti come palatoschisi e cardiaci. “Non è possibile ancora identificare il momento in cui i rischi hanno inizio”, afferma Jo Leonardi-Bee, uno degli autori dello studio comparso sulla prestigiosa rivista "Pediatrics" . “Ancora non sappiamo se sia l’effetto collaterale del fumo inalato dalla donna - dice ancora il ricercatore - o uno diretto e primario sullo sviluppo degli spermatozoi del padre”. Un indicatore statistico determinante è la quantità di sigarette fumate, il cui aumento è direttamente correlato all’aumento del rischio. "Sono necessarie ulteriori ricerche su questo problema - continua lo scienziato -, anche se già sappiamo che il fumo ha un impatto sullo sviluppo degli spermatozoi, quindi è molto importante che gli uomini smettano di fumare prima di provare ad avere un bambino". Per leggere l'articolo di Leonardi-Bee su Pediatrics, andare sul link seguente: http://pediatrics.aappublications.org/content/early/2011/03/07/peds.2010-3041.full.pdf

venerdì 8 giugno 2012

Studio inglese sui Late-Early Preterm

I risultati di uno studio epidemiologico su larga scala, condotto su 18.818 bambini britannici controllati all’età di tre e cinque anni, indica che la qualità della salute dei bimbi prematuri sia peggiore di quella dei neonati nati a termine.I neonati prematuri sono tutti quei bambini nati prima della 36° settimana di EG (età Gestazionale).Ma le differenze , anche in seno a questa differenziazione sono notevole.Infatti lo studio ha suddiviso i bambini in quattro classi in funzione dell’età gestazionale al momento del parto: very pre-term, o estremamente prematuri, dalle 23 alle 31 settimane; moderate pre-term ( 32-33 settimane ),late pre-term (34-36 sett.) e early term, (37-38 settimane). Gli indici legati a una buona salute peggiorano con diminuire della durata della gravidanza. Tra gli effetti avversi che aumentano col decrescere della durata della gestazione, l’analisi indica un modesto guadagno di peso e di altezza, le patologie di lunga durata, l’asma e le difficoltà respiratorie e la necessità di ricoveri nei primi nove mesi di vita, spesso per problemi gastrointestinali o respiratori.Un pò di tempo fa , mi soffermai sulla problematica dei "Late-Early preterm", sottolineando quanto questa età gestazionale sia ricca di insidie per le problematiche che comporta.Non può essere sottovalutata la maggiore incidenza di patologie respiratorie, metaboliche, gastrointestinali di questi neonati.Proprio questo dato viene sottolineato dallo studio, dimostrando che, anche se questi neonati raggiungono a lungo termine uno stato di salute simile ai bambini nati dopo una gravidanza normale, ma anche se in media sono più sani dei bambini estremamente prematuri, costituiscono una fascia di popolazione più ampia e quindi, nel complesso, richiedono un maggior numero di interventi medici e ricoveri ospedalieri. Per leggere l'abstract dello studio (in Inglese)andare al seguente indirizzo: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22381676

venerdì 1 giugno 2012

Il ciuccio: gioia o dolore??

Il problema del ciuccio nel neonato è un problema controverso che coinvolge in primis, i pediatri, che rispondono alle domande dei genitori e conseguentemente gli odontoiatri, che controllano il regolare sviluppo della mascella e dai neuropsichiatri infantili che tendono ad evitare traumi psichici al bambino. La tendenza è di posizioni , per la maggioranza dei genitori, intermedie…”lo prende ma non troppo, …”meglio del dito”…Ma facciamo un po’ di chiarezza su questo ciuccio, sulle reali possibilità di essere “pericoloso “ per il palato oppure uno strumento “innocuo” che permette un po’ di quiete dalle urla disperate del lattante. I succhiotti , meglio conosciuti come ciucci, in vendita sono davvero numerosi e diversi non solo nel colore, ma anche nella forma e nel materiale utilizzato per la loro realizzazione. Per quanto riguarda la forma, le tipologie di ciuccio sono prevalentemente due: anatomico e a ciliegia. I succhiotti anatomici, in particolare, hanno la tettarella a forma di ellisse: schiacciati e leggermente incurvati verso l’alto, favoriscono uno sviluppo migliore del palato e dei denti. I succhiotti a ciliegia, invece, hanno la tettarella rotonda in modo da ricordare il capezzolo materno. L’uso di questo secondo tipo di ciuccio, in particolare, è pensato soprattutto per i primi mesi di vita, mentre il ciuccio anatomico è l’ideale per i mesi successivi. Sulle confezioni, inoltre, in genere è indicata la fascia d’età consigliata per l’uso di ogni particolare tipo di ciuccio. Per quanto riguarda il materiale della tettarella, invece, anche in questo caso ne esistono principalmente due tipi: in silicone e in caucciù. I succhiotti in silicone, in particolare, sono più morbidi rispetto a quelli in caucciù. Essi sono costituiti principalmente da silicio, un materiale che tende a non assorbire gli odori e a non deformarsi anche dopo numerose sterilizzazioni. Il problema di questo tipo di ciuccio comincia con la nascita dei primi denti: il silicone, infatti, tende a lacerarsi e alcuni pezzetti del ciuccio potrebbero essere ingoiati . I ciucci in caucciù, invece, sono più resistenti proprio perché realizzati con una gomma naturale molto elastica. Una particolare tipologia di ciuccio, poi, è quella per la notte: si differenziano per la presenza dell’anello fosforescente che, illuminandosi al buio, consente al bimbo di recuperare subito il ciuccio perso durante il sonno. Le dimensioni del ciuccio variano a seconda dell’età. Per quanto riguarda la sua funzione, il ciuccio appaga e stimola allo stesso tempo un’importante comportamento istintivo: la suzione. Sono numerosi gli studi in ambito psicologico che spiegano l’importanza della suzione: questo riflesso, in particolare, si verifica già nella vita intrauterina ed è osservabile, soprattutto a partire dalla quarta/quinta settimana gestazionale, attraverso le ecografie. Infatti, non è raro vedere il bambino, a partire da quel periodo, intento a succhiarsi il pollice: in questa fase dello sviluppo, in particolare, è possibile che questo comportamento istintivo abbia anche la funzione di rafforzare e stimolare quei muscoli che in futuro saranno indispensabili per la sua nutrizione. Il succhiarsi il dito fa più danni del ciuccio anatomico. Le malformazioni che il succhiotto può creare solo legate ala struttura buccale del lattante : Il palato del bambino è formato da ossa che sono in formazione e non ancora saldate. L’utilizzo del ciuccio, per il quale la suzione non avviene mai per pochi minuti, ma generalmente per ore, ha l’effetto di inserire in una bocca in formazione un supporto solido che costringe il palato del bambino a svilupparsi, tenendo conto di questo elemento. Sul piano trasversale, ovvero sullo sviluppo dell’ampiezza del palato, poiche’ il succhiotto si interpone tra la lingua e l’arcata superiore, impedendo alla lingua di poggiare sul palato. La lingua, fra le sue funzioni, ha quella di consentire l’allargamento dell’arcata dentale superiore e di adattarla a quella inferiore. L’interposizione del succhiotto, o di qualunque oggetto che viene succhiato, tra la lingua e il palato ostacola il naturale sviluppo e ingenera una contrazione del palato, cioe’ l’osso superiore puo’ diventare piu’ stretto di quello inferiore. Sul piano saggittale (per intendersi, di profilo), la presenza persistente del ciuccio determina un allungamento dell’arcata superiore. I denti davanti superiori risultano sporgenti rispetto agli inferiori. Sul piano verticale, con l’interposizione del ciuccio, il bambino sviluppa il cosiddetto “morso aperto”: osservando la bocca del bambino quando e’ chiusa e i denti posteriori sono a contatto, davanti si nota che i denti rimangono distanziati tra loro, e lasciano una sorta di apertura in cui il bambino facilmente interpone la lingua. Nei bambini che utilizzano molto il ciuccio dall’età di un anno,i genitori possono notare le eventuali manifestazioni osservando personalmente le arcate del bambino. Guardandolo di profilo si può rilevare la sporgenza in avanti dei dentini superiori rispetto agli inferiori ed una forma piuttosto appuntita del palato, mentre guardandolo da davanti si può evidenziare l'aumento della distanza verticale tra l'arcata superiore ed inferiore, detto morso aperto. Se il ciuccio viene tolto quando il bambino ha un'età di 12-18 mesi è molto probabile che il morso si normalizzi da solo con la crescita. Ma nei bambini che usano ancora il ciuccio intorno ai 3 anni il problema può risultare più complesso e richiedere terapie specialistiche e correttivi adeguati. Il ciuccio dovrebbe essere dato al bambino ad intervalli sempre più lunghi e deve essere tolto quando il bambino dorme . Se il bambino usa il ciuccio solo per addormentarsi ed in qualche altro momento della giornata, lo si può togliere. I genitori devono essere rigidi in questa posizione; se si fanno impietosire dagli inevitabili strilli del bambino e glielo rendono, diventa tutto più complicato perché il bambino memorizza che è un suo diritto. Qualsiasi momento si scelga, comunque, è importante che non sia una decisione immediata e brusca, soprattutto se il bambino è abituato a utilizzarlo frequentemente. Tra le diverse strategie, ad esempio, si può coinvolgere il bambino in attività e giochi soprattutto nei momenti di maggiore tensione. Potrebbe essere utile anche mostrargli bambini della sua stessa età che non usano il ciuccio. Si può spiegare al bimbo, poi, che potrà utilizzare il ciuccio soltanto di notte e che durante il giorno dovrà farne a meno e si può scegliere insieme un posto dove riporlo durante il giorno (sapere dov’è è già un fattore rassicurante per il bambino). In ogni caso, è importante sottolineare che è bravo a non utilizzarlo. Su bimbi che smettono di usare il ciuccio verso l’anno e mezzo o prima in genere avviene il ripristino del fisiologico equilibrio tra ossa mascellari e muscolatura (lingua e labbra) e spesso si può osservare una risoluzione spontanea del problema: eliminato il ciuccio viene meno l'azione schermante di esso sulle labbra ed esse esercitando la loro fisiologica pressione consentono il naturale arretramento della dentatura. Nei bambini più grandi, in cui le ossa sono più solide e le deformazioni sono più importanti, spesso si creano modificazioni tali da richiedere l’intervento di uno specialista.

martedì 22 maggio 2012

Ancora Latte materno

Per un neonato non esiste migliore alimento del latte materno, non solo perche' contiene tutte le sostanze essenziali per un ottimale accrescimento staturo-ponderale, ma anche perche' assicura importanti fattori protettivi che sono in grado di influire positivamente sulla crescita. Le ultime linee guide dell’OMS/UNICEF :“Promozione e sostegno dell’allattamento al seno”, riprese da un recente articolo dell’AAP (American Academy of Pediatrics. Policy Statement. Breastfeeding and the use of human milk. Pediatrics 2005;115:496-506 ), hanno sottolineato la sua importanza e la sua insostituibilità come alimento cardine dell’infanzia. Non si vuole riaprire l’argomento, conosciuto e acquisita dai più , ma ricordare tutti i vantaggi che derivano dall'allattamento al seno, per il bambino e per la mamma: • Il latte materno e' facilmente digeribile: il contenuto di proteine e' basso, con un rapporto ottimale tra i due costituenti proteici principali, la caseina e le sieroproteine, e questo si traduce in una più facile digeribilita' gastrica. Contiene inoltre particolari enzimi, le lipasi (che alla nascita il neonato possiede in quantita' molto limitate), sostanze in grado di lisare i grassi e di "predigerirli" prima del loro arrivo nello stomaco. • Protegge dalle infezioni: nel latte materno ci sono anticorpi che la mamma passa al figlio e che lo proteggono da malattie. Si tratta soprattutto di immunoglobuline IgA, sostanze di difesa che vanno a rivestire le pareti dell'intestino, difendendolo dall'aggressione di germi e virus e dalla penetrazione di sostanze "estranee" che potrebbero contribuire allo scatenamento di reazioni allergiche. Contiene la lattoferrina (una proteina che lega il ferro) ed il lisozima (un enzima dotato di attivita' antibatterica), capaci di stimolare il sistema di difesa dell'organismo. Possiede inoltre alcune sostanze, chiamate fattori bifidogeni, che favoriscono la crescita di un batterio "buono", il Lactobacillus bifidus, che antagonizza a livello intestinale lo sviluppo di germi potenzialmente patogeni. • E' prontamente disponibile alla temperatura giusta e non richiede alcuna preparazione. • Si tratta di latte fresco, sterile, che riduce la possibile comparsa di disturbi gastrointestinali tipici del lattante: rigurgiti, stitichezza, coliche gassose sono infatti meno frequenti che nei bambini allattati con latte artificiale. • E' completamente gratuito. • E', come abbiamo gia' visto, un fattore di protezione nei confronti delle allergie, in particolare quando esiste una familiarita' per malattie allergiche (dermatite atopica, rinite e/o congiuntivite allergica, asma) nel padre, nella madre e/o nei fratelli o sorelle. • E' in grado di fornire tutto cio' di cui il neonato necessita dal punto di vista nutrizionale (grassi, zuccheri, proteine ecc), con la sola eccezione, forse, del fluoro e della vitamina D. Non contiene eccessive quantita' di minerali come il sodio, cloro e potassio, cosi' da non affaticare troppo i reni ancora immaturi del bebe'. Si adegua alle esigenze ed alle necessita' di crescita del lattante modificando nel tempo la sua composizione. • Serve anche alla mamma: nel periodo immediatamente successivo al parto, il lattante, quando poppa, stimola le contrazioni uterine evitando che la madre abbia grosse perdite di sangue e aiutando l'utero a tornare piu' rapidamente alle dimensioni originarie. Inoltre e' dimostrato da numerosi studi che un allattamento materno protratto riduce il rischio di insorgenza di tumore al seno e, nell'età della vecchiaia, di osteoporosi. Da non dimenticare poi che l'allattamento al seno, comportando un notevole dispendio energetico, facilita la perdita dei chili in eccesso accumulati durante al gravidanza. • Non trascurabili, infine, sono i vantaggi psicologici sia per la madre che per il bambino. La mamma viene personalmente coinvolta nella nutrizione del suo piccolino, ricavandone la piacevole sensazione di sentirsi indispensabile e realizzata; il lattante gode di un'intima e confortevole relazione fisica con la madre.

venerdì 20 aprile 2012

Siti per bambini

Vi volevo segnalare un sito per bambini...sono segnalate le webcam natalizie sparse in varie parti del mondo, compresa Rovaniemi in Finlandia , casa di Babbo Natale, sul Circolo Polare Artico. Ve lo assicuro...vale il Viaggio. www.lagirandola.it/natale/webcam

giovedì 22 marzo 2012

Il tempo passa....

La lunga assenza dal blog non è dovuta a carenza di argomenti o idee da condividere con voi, ma da una profonda rivalutazione degli avvenimenti degli ultimi mesi. Mi sono sempre dedicato alla cura dei bambini e al loro benessere psico-fisico, ma la violenza e soprattutto, l'abitudine a vivere quotidianamente questa violenza sui bambini mi ha fatto prendere una pausa di riflessione. Siamo troppo assuefatti a vedere sui nostri mezzi d'informazione atti ai limiti della comprensione umana, fatti nei quali bambini, ragazzi, adolescenti sono coinvolti, in prima persona o secondariamente alle azioni funeste degli adulti. Violenze, stupri, sfruttamento, lesioni fisiche ma anche psichiche su questi piccoli, indifesi bambini.....Penso che non sia necessario fare esempi presi dalla cronaca, solo dei giorni scorsi, perchè chiunque di noi ha visto e sentito quegli avvenimenti.Questa violenza è sopra le differenze di razza, religione, cultura...è, oserei dire ,trasversale...ma il bambino, il piccolo ignaro bambino, è , purtroppo, l'oggetto di tutto questo ed è sempre lo stesso bambino da amare e accudire.
Toccare un bambino, non per una carezza o un gesto d'amore, ma con altri scopi, è indegno e vigliacco e chi lo fa non merita più il rispetto e la dignità di "uomo".
Da oggi questo blog, anche se lo ha sempre fatto, terrà ancora maggior attenzione e rispetto per i più piccoli, sperando di non essere una goccia in un oceano...