mercoledì 16 gennaio 2008

Vaccini: quando e come utilizzarli

Ultimamente si e’ fatto un gran parlare di vaccini, soprattutto quelli sulla “meningite”. A parte l’allarmismo ingiustificato, e’ necessario capire cosa sono i vaccini, come sono nati, a che servono e quali sono necessari, oggi, in rapporto all’epidemiologia corrente.
Sono passati ormai più di due secoli da quando Edward Jenner introdusse con successo in Inghilterra la vaccinazione contro il vaiolo, utilizzando una forma attenuata di virus. Quando, mediante un piccolo graffio sulla pelle del braccio, il virus, attenuato nella sua virulenza, veniva iniettato in un soggetto suscettibile, esso era capace di conferire all'organismo del vaccinato difese tali, per cui era impedito successivamente l'attecchimento del virus “selvaggio” del vaiolo e quindi in pratica era impossibile ammalarsi della malattia. Da allora le grandi epidemie di vaiolo, che avevano decimato, con cadenze diverse, la popolazione sulla Terra, si sono sempre di più attenuate, fino a scomparire: l'ultimo caso di vaiolo umano si è manifestato in Somalia nel 1979. Il termine di “vaccino” ricalca il primo vaccino di Jenner, ricavato da una sostanza immunizzante dalla pustola di una vacca.
I vaccini di oggi sono tutt'altra cosa e sono ottenuti con metodiche più sofisticate, che risentono delle moderne tecniche e dei moderni avanzamenti della genetica, della biologia e della microbiologia. Al momento attuale disponiamo di vaccini, ottenuti con procedure diverse:
Vaccini costituiti da agenti infettivi vivi, ma attenuati, come il vecchio vaccino di Sabin contro la polio (OPV), il vaccino contro il morbillo, parotite e rosolia (MPR), il vaccino contro la varicella, il vaccino contro la febbre gialla, il vaccino contro la tubercolosi (BCG) e quello orale contro il tifo (Ty25a)
Vaccini costituiti da agenti infettivi interi uccisi, come il vaccino intero contro l'influenza, il vaccino contro la poliomielite (IPV) e il vecchio vaccino intero contro la pertosse
Vaccini costituiti da tossine o costituenti batterici, inattivati con il formolo o resi atossici per interventi d'ingegneria genetica, come i moderni vaccini contro la pertosse (detti acellulari) e l'anatossina della difterite e del tetano (DTPa). Appartengono a questo gruppo anche i moderni vaccini polisaccaridici, coniugati a proteine di trasporto, contro lo pneumococco, il meningococco e l'Haemophilis influenzae tipo b (Hib), e i vaccini “split” o “a sub-unità” contro l'influenza e altri.
Vaccini costituiti da un solo antigene (cioè da una sostanza che permette la formazione di anticorpi), ottenuto mediante tecniche DNA ricombinanti, come il vaccino contro il virus dell'epatite B, cioè l'HBsAg (antigene di superficie del virus dell'epatite B).
Per una completa documentazione sui vaccini si puo’ consultare il sito www.pediatrico.it oppure navigare in molti siti dedicati ai vaccini, ma attenzione all’attendibilita’ dell’informazione.
In conclusione quando un organo competente (centro di vaccinazione, ospedale , o pediatra curante) consiglia o effettua ad un bambino una vaccinazione deve svolgere due funzioni:
a) difendere il bambino dall'aggressione del maggior numero possibile degli agenti infettivi
b) rendere più fitta la rete di difesa di tutta la popolazione nei confronti degli agenti infettivi.

Vaccinando un numero elevato di soggetti impediamo in ultima analisi ai virus e ai batteri patogeni di circolare e quindi di dare infezione o malattia. Tanto più alta sarà la copertura vaccinale di una popolazione (oltre il 90-95%) e tanto maggiore sarà la probabilità che un agente infettivo, introdotto casualmente, non trovi spazio per diffondere da un soggetto all'altro, per cui verranno a mancare i casi secondari, elementi essenziali per la diffusione della malattia.
Questo concetto viene anche conosciuto con il nome di “immunità di gruppo” e rappresenta uno dei capisaldi della scienza delle vaccinazioni. La necessità di tenere la copertura vaccinale a livelli molti alti è legata anche al fatto che esiste sempre, per ogni vaccino, la possibilità che un bambino non risponda allo stimolo immunitario e rimanga suscettibile alla malattia. Questa possibilità è in generale molto bassa (inferiore al 5% dei vaccinati): essa ci spiega perché sia necessario raggiungere nella diffusione della vaccinazione nella popolazione livelli molto, molto elevati.
I vaccini giusti , “non obbligatori”, da somministrare dipendono dal buon coordinamento tra la conoscenze del problema degli operatori e della corretta informazione all’utenza e dalla conseguente tranquillita’ della scelta piu’ giusta da parte della famiglia.

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